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sabato 22 settembre 2012

La terra trema, gli emiliani no, racconto di una settimana al campo di Carpi (MO)


di Sara L.

Sono circa le 5 del mattino: l’aria è fresca ma estremamente tersa. C’è poca gente nella zona della stazione di Varese quel 21 luglio, l’autista di un autobus ci osserva incuriosito: cinque, sei ragazzi… si arriva alla spicciolata, finchè non ci siamo tutti. Qualcuno di loro si conosce da anni, abitando a pochi km di distanza, io ne ho conosciuti alcuni la sera prima, altri li vedo per la prima volta in quel momento, ma ognuno di noi capisce fin da subito che abbiamo molto in comune. Tanto per cominciare il nostro aspetto è molto simile: pantaloncini blu, camicia azzurra… è l’uniforme scout (che presto, causa le elevate temperature, avremmo abbandonato in favore di pantaloncini e canotta). Stiamo per partire per una settimana di servizio sui luoghi del terremoto che nel mese di maggio 2012 ha colpito alcune provincie dell’Emilia Romagna e della Lombardia. Ognuno di noi nelle settimane precedenti ha dato libera adesione al programma di emergenza e protezione civile coordinato dall’AGESCI e dal Ministero degli Interni e circa una settimana prima è stato avvisato della partenza. Siamo organizzati in due squadre di cinque persone l’una e saremo destinati a due diversi campi di sfollati nella zona di Finale Emilia, una delle più colpite. Il nostro compito: organizzare attività di animazione per i bambini e i ragazzi del campo; per una settimana le nostre giornate non saranno scandite dallo studio o dal lavoro, ma da quel ritmo e quell’ atmosfera del tutto particolari che, come scopriremo poi, caratterizza il campo.
Alle 10.00, dopo un viaggio passato a raccontarci a vicenda chi siamo e cosa ci aspettiamo da questa settimana, due macchine che tracimano di persone, zaini, chitarre, giochi e materiale di cancelleria arrivano a Finale Emila. Prendiamo le istruzioni dal Comitato Centrale e veniamo destinati ai campi: la mia squadra andrà al campo di Carpi, mentre l’altra a quello di Mirandola.
Sara, Damiano, Alice, Abbi e Cecilia, la capo squadra… siamo arrivati ormai, il campo “Carpi Piscine” è dietro le transenne: entriamo, presentandoci al posto di sorveglianza della Protezione Civile. I ragazzi della Protezione Civile ci indicano un posto in fondo al piazzale dove sorgono le tende: è la ludoteca, là potremo trovare la squadra di scout che ci ha preceduto e a cui daremo il cambio. Poco dopo infatti li troviamo e con loro troviamo anche alcuni dei bambini: passano meno di cinque minuti e ognuno di noi ne ha in braccio o per mano almeno uno. Durante il pranzo, consumato insieme agli ospiti del campo sotto il tendone della Croce Rossa, i ragazzi della squadra precedente cercano di farci un quadro della situazione: la descrizione è presto fatta e termina con “lasciamo che siate voi a scoprire giorno per giorno cosa significa stare qui”.

Poco dopo è il momento dei saluti e gli altri scout se ne vanno: noi abbiamo un paio d’ore per renderci conto di dove siamo e pensare a cosa fare.

Il campo di “Carpi Piscine” è situato su un ampio piazzale di asfalto, accanto agli impianti sportivi del Comune di Carpi. Le organizzazioni presenti al campo sono 3: scout, Protezione Civile e Croce Rossa. Gli scout si occupano dell’animazione di bambini e ragazzi: le attività si svolgono in un fazzoletto di terra ombreggiato da due alberi, che ospita una tenda chiamata da tutti “la ludoteca” perché contiene i giochi, un tavolo e due panche. Le attività di animazione si svolgono dalle 10.00 alle 12.00; dalle 15.30 alle 18.30, dalle 21.00 alle 22.00: noi siamo la terza squadra arrivata sul posto.

La Protezione Civile presente al campo fa parte del Contingente Lucano e si occupa della logistica generale, della vigilanza, della manutenzione delle strutture comuni, delle tende e del campo in generale, della gestione dei buoni mensa, degli approvvigionamenti e della distribuzione dei generi non alimentari (vestiti, prodotti per l’igiene, biancheria, l’indispensabile antizanzare…).

La Croce Rossa gestisce tutto ciò che riguarda il cibo: approvvigionamenti, stoccaggio, preparazione dei pasti.

Le tende degli sfollati sono sul piazzale e sono molto ampie, noi siamo alloggiati in una di queste, posta però sul campo da calcio lì accanto. Le tende hanno tutte il condizionatore e possono contenere fino a 10 brandine, ognuna delle quali ha cuscino e materasso in lattice. In un contesto come quello del campo è assolutamente opportuno cercare di garantire le condizioni di vita più confortevoli e meno disagevoli possibili: la tensione per quanto accaduto è già di per se sufficiente a far scaturire litigi anche per motivi futili, condizioni di vita inutilmente scomode potrebbero quindi solo inasprire il clima… con i 44 gradi toccati in alcuni giorni poi, l’aria condizionata non è certo un lusso, dovendo trascorrere l'intera giornata sull’asfalto.

C’è un’altra questione con cui fare i conti durante la settimana che ci si presenta davanti e la getto subito sul piatto: il giorno prima è cominciato il Ramadan e con questo caldo i musulmani presenti al campo che intendono attenersi al periodo di digiuno saranno sicuramente provati. E’ una variabile che terremo in considerazione, soprattutto perché i primi giorni di Ramadan sono sempre i più difficili. Nei fatti gli unici segnali del trascorrere di questo periodo sacro sono la minor affluenza alla mensa e la contestuale confezione di “sacchetti da asporto” che alcuni di loro avrebbero consumato dopo il tramonto, la mancanza di alcuni ragazzi quando era in corso la preghiera e la presenza giornaliera dell’imam.

Ma come ci hanno ammoniti i nostri predecessori il campo è da scoprire giorno per giorno e quindi eccoci al tavolo della ludoteca in questo primo pomeriggio: è il nostro banco di prova. I primi due giorni sono stati certamente un bel casino: era praticamente impossibile proporre ai ragazzi un gioco minimamente strutturato, come bandierina per esempio… a suon di “ti ho preso” “no sono arrivato prima io” si litigava subito, ammesso e non concesso di essere riusciti a spiegare un minimo di regole e aver cominciato a giocare. A posteriori e riflettendoci sopra, possibilmente dietro ad una birra o anche due, era chiaro che in quei primi giorni i ragazzi ci stavano mettendo alla prova in relazione alla nostra capacità di essere fermi sulle regole e sulle nostre posizioni. Da questo punto di vista la situazione è andata via via migliorando nei giorni successivi, tant’è che siamo riusciti a fare giochi anche abbastanza complessi e organizzati, evento che abbiamo festeggiato, sempre dietro a una birra o anche due.

I ragazzi poi erano in numero estremamente variabile, tra i 5 e i 25 e di età completamente diverse… la nostra baby aveva 2 anni e i big boyz si attestavano sui 17 /18 o giù di lì…

Un aspetto che è stato più volte presente nelle nostre riflessioni era l'abbondanza, come dimensione del consumo nuova per molti abitanti del campo, che probabilmente prima del sisma si trovavano, come molte famiglie italiane, in condizioni economiche precarie, per non dire critiche. Un esempio su tutti era la quantità di giochi disponibili: ce n'erano tantissimi e i bambini ne avevano poca cura, probabilmente perchè il gioco rotto poteva immediatamente essere sostituito da un altro, nuovo e forse ancora più bello... cosa che nel 90% dei casi prima del mese di maggio non accadeva. Abbiamo cercato di insinuarci in questa spirale perversa di modalità di uso e consumo, probabilmente andando ad incidere poco, ma di certo mandando un messaggio chiaro, che almeno i più grandi speriamo abbiano in parte colto.

I giorni si sono poi rincorsi l’un l’altro molto velocemente… mi piace ricordare le ragazze più grandi che piano piano si sono avvicinate alla ludoteca, all’inizio con fare un po’ timido e poi lasciandosi andare a partecipando alcun volte anche alle attività, col pretesto di badare ai fratellini. Anche le mamme dei bambini pachistani hanno iniziato a farsi vedere nel momento della merenda: era bello vederle lì, con i loro occhi sempre un po’ sfuggenti ma amorevoli, forse un po’ stupite nel vedere come noi “quasi adulti” ci divertissimo come dei bambini. Tutti i genitori e gli adulti del campo erano veramente contenti che fossimo lì: eravamo un aiuto concreto per coloro che lavoravano perchè avevano qualcuno cui affidare i figli e più in generale, come ci diceva uno di loro, “portate allegria, e c'è bisogno di allegria al campo”. Sorrido poi se penso alla complicità e alla spontaneità che permeava i rapporti con i volontari della Croce Rossa e soprattutto della Protezione Civile, in particolare con alcuni di loro, come Antonello, il nostro spacciatore personale del materiale più vario e disparato… E' stato bello assistere al processo di conquista di protagonismo dei ragazzi più grandi che, appoggiati e incoraggiati da noi, hanno iniziato ad assumere un ruolo di guida verso i più piccoli: il primo passo è stato coinvolgerli nella conduzione dei giochi e nell'attenzione al rispetto delle regole... il risultato finale è stato a dir poco entusiasmante. Prendendo spunto dalla nostra embrionale idea di fare una festa con un po' di musica l'ultima sera della nostra permanenza al campo, utilizzando come supporto un netbook e due casse microscopiche, sono riusciti a procurarsi un Mac e un discreto impianto, scaricare altra musica, gestire il piccolo bar che abbiamo allestito: è diventata la festa del campo... ragazzi, bambini, adulti, volontari... c'eravamo tutti, ed è stato bellissimo

Per concludere, uno dei momenti che mi porterò sempre nel cuore è stato quando, al termine di un pomeriggio di giochi d’acqua piuttosto movimentato, io e Moustafa, una ragazzo pachistano di 13 anni, abbiamo fatto un disegno. Da giorni Mousta voleva fare un acquerello su un cartellone con il suo stile accurato e preciso, ma il suo disegno finiva sempre per essere “invaso” dai bozzetti scarsamente artistici dei bambini più piccoli. Quel pomeriggio, come promesso, io e Moustafa abbiamo condiviso il cartellone da disegno e gli acquarelli: solo noi potevamo lavorarci sopra e avevamo deciso di dipingere la Carpi ricostruita, con le sue case e il suo castello… abbiamo difeso il cartellone a spada (e pennello) tratta. Alla fine Mousta, sorridente e soddisfatto del risultato, ha detto “E’ bellissimo! Adesso voglio che lo firmiamo tutti”: da quel giorno il nostro sogno della Carpi ricostruita è là, appeso sulla transenna di ingresso al campo, con il nome di tutti i ragazzi e di tutti noi.
Questo non è che un assaggio di un'esperienza che bisogna vivere per capire fino in fondo... e allora grazie a chi mi ha permesso di viverla:

a tutti i ragazzi del campo, credeteci in quella Carpi ricostruita e ricordatevi che sarete voi il futuro della vostra terra

agli scout che con me hanno partecipato alla gestione del campo, in particolare a Dami Ali e Abbi... siete la prova tangibile che la strada porta con sé le scoperte più belle, è bello pensare che da qualche parte, poco lontano da qui, c'è qualcuno come voi che condivide un modo di vedere la vita

ai volontari di Croce Rossa e Protezione Civile, in particolare al già citato Antonello, per la sua attenzione, la sua allegria, la sua pazienza e perchè non si è dimenticato di noi...

Grazie...

1 commento:

Francesco Locatelli ha detto...

Bellissima esperienza che merita di essere raccontata e inserita nella sezione "dossier"

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