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sabato 2 giugno 2012

2 GIUGNO: TRA ORGOGLIO E VOGLIA DI CAMBIARE

di Sara L.

Non so voi, ma personalmente la festa del 2 giugno mi ha sempre suscitato sentimenti contrastanti: un po' come la bandiera, i simboli istituzionali, l'inno... tutto ciò che richiama al concetto di Paese, Patria, Italia. Mi sento profondamente presa in un vortice di gaberiana ambiguità tra il non sentirsi italiani di fronte alle molte brutture del nostro Paese, ai suoi difetti, ai suoi sbagli e l'essere fieri di appartenere ad un Paese che sa anche eccellere in tanto. Non nascondo che molto spesso prevalga il primo sentimento, che tuttavia reputo sano: solo da una sana incazzatura verso l'esistente può scaturire la voglia di lottare per il cambiamento, ma tant'è, ci sono casi in cui non posso fare a meno di essere orgogliosa del mio Paese natale.
Parafrasando Gaber, quindi...

...io non mi sento italiana quando chi ha potere e soldi, dai grandi mercati alle piccole realtà, tenta di comprare le partite, la vittoria politica, la verità giudiziaria, l'amore di una donna, l'ambiente incontaminato;
… sono fiera e mi vanto di essere italiana quando genitori, allenatori, capi scout insegnano ai ragazzini a giocare con lealtà, quando vedo la bella politica dei fatti e non quella dei proclami, quando la verità emerge nei processi e quando, se questo non avviene, la Storia proclama la Verità e ne rende Giustizia, quando i cittadini lottano insieme per le valli, i monti e le acque, che non hanno prezzo e sono di tutti.

… io non mi sento italiana quando l'arroganza della mafia uccide, quando la mancanza di lavoro fa perdere la speranza; io non mi sento italiana quando si respingono le barche cariche di immigrati, quando si parte per una guerra umanitaria;
… sono fiera e mi vanto di essere italiana quando ricordo giudici, sindacalisti, preti, cittadini morti per combattere contro il cancro mafioso... grazie Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Placido Rizzotto, Don Luigi Ciotti, Don Pino Puglisi, Peppino Impastato e tutti gli altri...; sono fiera e mi vanto di esserlo quando i lavoratori si stringono gli uni attorno agli altri per il diritto di ognuno a “una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa”, quando vedo i tantissimi colleghi operatori sociali lavorare con gli stranieri con spirito d'accoglienza e considerandoli risorsa per un Paese che invecchia e si chiude nei propri orizzonti culturali, quando si ha il coraggio di dire “io non ci sto”.

… io non mi sento italiana quando ci si ferma a: “aboliamo le auto blu, abbassiamo gli stipendi ai politici, le banche sono criminali”, mentre quando qualcuno viene a toccare i nostri privilegi partono le lamentele, gli attacchi, l'erba del vicino che è sempre più verde... non mi sento italiana quando si fa del basso populismo, la retorica degli slogan da "aboliamo la parata" a “tutti potremmo andare in giro con un'auto elettrica” e non ci si sofferma un secondo a pensare, ad analizzare, facendosi invece trascinare dagli istinti “di pancia”;
… sono fiera e mi vanto di essere italiana quando anzichè dare aria alla bocca si fa qualcosa di concreto: dall'aiutare i vicini con la cantina allagata, a mollare la propria comoda seggiolina e andare ad aiutare le popolazioni colpite dal terremoto distribuendo pasti, pulendo le pentole, organizzando attività estive per i bambini, quando mi accorgo quante persone dedicano parte del proprio tempo al volontariato, lontani dai flash dei fotografi, sporcandosi le mani giorno dopo giorno o notte dopo notte.

… infine io non mi sento italiana quando l'identità della donna viene fatta coincidere solo con le sue curve e non con l'integrità del suo essere, quando si viene condannate per la scelta dell'aborto, ignorando ciò che ci sta dietro, quando si è costretti ad andare all'estero per avere più possibilità nell'iter della fecondazione assistita;
… sono fiera e mi vanto di essere italiana quando le donne si incazzano, lottano, si ribellano, creano, plasmano il Paese “se non ora, quando?”, quando si rialzano dopo ogni batosta, quando lavorano, curano i figli, accudiscono i genitori, e amano profondamente il proprio compagno o la propria compagna, quando anche se bisogna fare centinaia di km per trovare un “bambino in provetta” (orribile espressione) o per adottarne uno senza famiglia li fanno di buon grado, con amore, con coraggio...

E voi: quanto non vi sentite italiani e quando invece siete orgogliosi di esserlo?

Mr. G. la pensava così...


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