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lunedì 24 settembre 2012

Pubblica sicurezza

di Andrea Fasolini

Il 27 febbraio 2012 T. J. Lane, un diciassettenne di Cleveland, entra nella Chardon High School, come di consueto: si dirige verso un tavolo della caffetteria interna, si accomoda solitario su una sedia. Sotto gli occhi increduli dei propri coetanei, intenti ad assaporare la propria colazione, estrae una pistola calibro 22, appartenente allo zio del medesimo, ed apre il fuoco. Cinque mesi più tardi un altro ragazzo, questa volta in Colorado, entra in un cinema di Aurora e apre il fuoco uccidendo dodici persone. Anche se svincolate tra loro, le due vicende hanno caratteri comuni: la giovane età dei killer, così come la spietata quanto lucida esecuzione dei propri piani. Esiste anche un altro aspetto che li accomuna: l'eccessiva facilità nel reperire le armi. Eventi simili, che negli Stati Uniti si susseguono periodicamente, riaccendono il dibattito sul diritto di possedere, utilizzare e trasportare in pubblico armi da parte di privati cittadini: sono infatti calcolate in oltre 300 milioni le armi da fuoco disseminate sul territorio statunitense e affidate a quest'ultimi. L'annosa questione della difesa personale sembra essere almeno momentaneamente irrisolvibile: è ormai diffusa opinione nell'ambiente giuridico statunitense che il secondo emendamento garantisca ad ogni cittadino il diritto di armarsi, indipendentemente dal fatto che presti o meno servizio militare. In realtà, l'interpretazione di tale articolo non è mai stata univoca, vista la forma e il periodo di stesura: "Poiché una milizia ben organizzata è necessaria alla sicurezza di uno stato libero, il diritto dei cittadini a detenere e portare armi da fuoco non potrà essere violato". Queste parole affermano il diritto dei cittadini ad armarsi, ma in maniera collettiva. Tale esigenza va contestualizzata all'interno del periodo storico in cui venne redatto: per difendere le proprie terre da eventuali invasori, specialmente inglesi, una forza militare capillare avrebbe garantito una difesa efficace, nonchè la possibilità di radunare eserciti in breve tempo. Ovviamente, tali problematiche non esistono più oggi,e il possesso privato delle armi si è trasformato in un perverso retaggio. Eppure, il facile accesso agli armamenti da solo non è sufficiente a spiegare atti come quelli sopra descritti. In Svizzera, per esempio, dopo aver prestato servizio militare, i cittadini portano con sè l'arma affidata loro durante l'addestramento. Nonostante la diffusione di armi, propedeutica ad una più ampia strategia difensiva, la Svizzera è un paese pacifico. Evidentemente, quindi, le mancate restrizioni alla vendita di attrezzature belliche costituiscono solo parzialmente il problema: l'allarmante situazione richiede più investimenti nelle zone socialmente disagiate, così come una campagna federale di responsabilizzazione. Tuttavia la strada sembra essere in salita: le potenti lobby delle armi non lo permetteranno.

1 commento:

Dennis Salvetti ha detto...

E ci sono politici in Italia che reclamano il diritto a portare le armi...

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