di Miriam Bonalumi
L'idea di sviluppare questo semplice articolo nasce da un recente viaggio a Ferrara, compiuto da un folto gruppo di redattori di "Spogliatevi!" in visita al "Festival di Internazionale"(5-6-7 Ottobre 2012). Torneremo con altri pezzi a parlare di questa interessante esperienza!
Ferrara la città, bicicletta il suo mezzo.
Sfreccio spericolata tra i vicoli illuminati e strapieni di vita, creo spazi nuovi, varchi poco prima inimmaginabili, frutto di un'ingegneria "faidate" che rende ogni minimo sbandamento un'occasione perfetta per districarsi dal caos, prima che sia troppo tardi...
I sassi fanno sobbalzare il telaio, il cestino traballa allegramente, eccitato da tutto quel saliscendi, facendo tintinnare le monete nella borsa.
La dinamo invece, rigorosa, fa il suo dovere senza distrazioni, basta pedalare e lei c'è.
Sai ufficialmente governare una bici in questa "ressa" estense quando metti in pratica senza attacchi di panico la manovra più importante: oltreppassare un gruppo troppo nutrito e irregolare di pedoni che passeggia nella Zona a Traffico Limitato. Si supera all'improvviso (destra o sinistra che sia), compiendo una specie di parabola pericolosissima basata sulla sfrenata fiducia nel fatto che i superandi non si muoveranno, o almeno non troppo.
I nemici più insidiosi sono indubbiamente le biciclette che viaggiano in direzione (ostinata!) e contraria: reciproco sguardo in cagnesco, ma uno dei due cederà sempre la strada, senza bisogno di grande intesa...un altro piccolo mistero della città più "biciclettara" d'Italia.
Le strade del centro sono larghe, ciottolate e divertenti.
Addentrandosi nella Zona Nord Est del nucleo storico di Ferrara si raggiunge una deliziosa pista in mezzo a campi e boschi, che giunge all'ingresso del Cimitero Ebraico: pedalo in silenzio, inebriata da quel verde in mezzo al cemento...sembra di essere uno dei personaggi de"Il giardino dei Finzi Contini", e la graziella scassata su cui pedalo rinforza l'immaginazione.
Un'altra nozione base è il parcheggio del mezzo. La regola in questo caso è che non esiste, una regola, ma soltanto qualche eccezione dettata dal buonsenso: non si lascia la bici in mezzo alla strada, o davanti a una porta...ma tutto il resto (o quasi) è lecito: finiti gli spazi disponibili nei portabiciclette, cosa frequente, ciascuno utilizza il proprio ingegno per trovare un rifugio temporaneo al proprio mezzo. I più forniti, con il cavalletto, creano lunghe file di biciclette "autoappoggiate" e legate alla ruota, i meno forniti (come me) si accontentano di muri di case, bordi dei marciapiedi, ringhiere, pilastri. Nulla è un tabù, nemmeno il ponte levatoio del Castello Estense, stracolmo di bici (più del solito, come del resto tutta la città) a causa del Festival.
Viaggiando per l'Italia capita di incontare delle oasi di eccezionalità difficili da concepire, facili da amare.
Ferrara è una di queste, almeno per chi ama pedalare, per chi almeno una volta ha legato il telaio della propria amica a due ruote in stazione sperando che, anche quel giorno, avvenisse il miracolo della "non-sparizione" del mezzo.
Ferrara è la "Terra Promessa" di chi si rifiuta di credere che l'automobile sia l'unico mezzo plausibile per compiere un percorso di un chilometro.
Vivo in una città, (meglio, in un piccolo paese addossato a una città), in cui i vantaggi del velocipede più utilizzato sulla terra sono rimasti soffocati sotto l'asfalto parecchio tempo fa. Pochi i ciclisti, principalmente anziani, ragazzini e velocisti"seri" di passaggio.
La bici qui o è una passione sportiva o è un mezzo. Un mezzo debole, poco supportato: pochissime piste ciclabili, un traffico cittadino intenso e pericoloso.
Ripenso con nostalgia a una settimana fa, quando, davanti al Duomo di Ferrara, compravo un sacchetto di pere in una bancarella al mercato, stando direttamente seduta sul sellino della mia bici: la ciclista più esaltata del mondo.
Basta poco!
Ferrara la città, bicicletta il suo mezzo.
Sfreccio spericolata tra i vicoli illuminati e strapieni di vita, creo spazi nuovi, varchi poco prima inimmaginabili, frutto di un'ingegneria "faidate" che rende ogni minimo sbandamento un'occasione perfetta per districarsi dal caos, prima che sia troppo tardi...
I sassi fanno sobbalzare il telaio, il cestino traballa allegramente, eccitato da tutto quel saliscendi, facendo tintinnare le monete nella borsa.
La dinamo invece, rigorosa, fa il suo dovere senza distrazioni, basta pedalare e lei c'è.
Sai ufficialmente governare una bici in questa "ressa" estense quando metti in pratica senza attacchi di panico la manovra più importante: oltreppassare un gruppo troppo nutrito e irregolare di pedoni che passeggia nella Zona a Traffico Limitato. Si supera all'improvviso (destra o sinistra che sia), compiendo una specie di parabola pericolosissima basata sulla sfrenata fiducia nel fatto che i superandi non si muoveranno, o almeno non troppo.
I nemici più insidiosi sono indubbiamente le biciclette che viaggiano in direzione (ostinata!) e contraria: reciproco sguardo in cagnesco, ma uno dei due cederà sempre la strada, senza bisogno di grande intesa...un altro piccolo mistero della città più "biciclettara" d'Italia.
Le strade del centro sono larghe, ciottolate e divertenti.
Addentrandosi nella Zona Nord Est del nucleo storico di Ferrara si raggiunge una deliziosa pista in mezzo a campi e boschi, che giunge all'ingresso del Cimitero Ebraico: pedalo in silenzio, inebriata da quel verde in mezzo al cemento...sembra di essere uno dei personaggi de"Il giardino dei Finzi Contini", e la graziella scassata su cui pedalo rinforza l'immaginazione.
Un'altra nozione base è il parcheggio del mezzo. La regola in questo caso è che non esiste, una regola, ma soltanto qualche eccezione dettata dal buonsenso: non si lascia la bici in mezzo alla strada, o davanti a una porta...ma tutto il resto (o quasi) è lecito: finiti gli spazi disponibili nei portabiciclette, cosa frequente, ciascuno utilizza il proprio ingegno per trovare un rifugio temporaneo al proprio mezzo. I più forniti, con il cavalletto, creano lunghe file di biciclette "autoappoggiate" e legate alla ruota, i meno forniti (come me) si accontentano di muri di case, bordi dei marciapiedi, ringhiere, pilastri. Nulla è un tabù, nemmeno il ponte levatoio del Castello Estense, stracolmo di bici (più del solito, come del resto tutta la città) a causa del Festival.
Viaggiando per l'Italia capita di incontare delle oasi di eccezionalità difficili da concepire, facili da amare.
Ferrara è una di queste, almeno per chi ama pedalare, per chi almeno una volta ha legato il telaio della propria amica a due ruote in stazione sperando che, anche quel giorno, avvenisse il miracolo della "non-sparizione" del mezzo.
Ferrara è la "Terra Promessa" di chi si rifiuta di credere che l'automobile sia l'unico mezzo plausibile per compiere un percorso di un chilometro.
Vivo in una città, (meglio, in un piccolo paese addossato a una città), in cui i vantaggi del velocipede più utilizzato sulla terra sono rimasti soffocati sotto l'asfalto parecchio tempo fa. Pochi i ciclisti, principalmente anziani, ragazzini e velocisti"seri" di passaggio.
La bici qui o è una passione sportiva o è un mezzo. Un mezzo debole, poco supportato: pochissime piste ciclabili, un traffico cittadino intenso e pericoloso.
Ripenso con nostalgia a una settimana fa, quando, davanti al Duomo di Ferrara, compravo un sacchetto di pere in una bancarella al mercato, stando direttamente seduta sul sellino della mia bici: la ciclista più esaltata del mondo.
Basta poco!
2 commenti:
=)
http://www.youtube.com/watch?v=2CTPLUcQAjk
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