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venerdì 2 novembre 2012

Il Vangelo secondo Fabrizio De Andrè

di Michele Facchinetti

L’intera opera di De Andrè è annuncio, buona novella e vangelo.
Volevo iniziare col parlarvi della canzone simbolo, "Il pescatore", la quale sottintende la vita come cammino e incontro, un attimo di luce tra due oscurità.
Infatti è la scoperta della precarietà dell’esistenza che permette ad ogni individuo di poter diventare veramente Uomo, sostenendo il prossimo, concependo la vita come servizio "versando il vino e spezzando il pane" anche se chi mi chiede aiuto per gli altri è un assassino!
La scoperta dell’amore, la capacità di accettare la morte nell’attesa della resurrezione, l’ultimo sole appunto.
Infine il tema della trascendenza il guardare oltre del pescatore, esisterebbe infatti nell’uomo un tipo di intelligenza per mezzo della quale noi non captiamo solo idee, emozioni, ma percepiamo contesti molto più grandi nei quali ci sentiamo inseriti in un tutto.
Lo stesso De Andrè disse: la mia religiosità consiste nel sentirmi parte di un tutto, anello di una catena che comprende tutto il creato e quindi nel rispettare tutti gli elementi, piante e minerali compresi, perché, secondo me, l'equilibrio è dato proprio dal benessere diffuso in ciò che ci circonda.
Il nostro quoziente di spiritualità è definito dai neurobiologi come punto di Dio.

La spiritualità appartiene alla dimensione umana e non è monopolio delle religioni, piuttosto le religioni sono una delle espressioni di questo punto di Dio.
Perciò Fabrizio De Andrè è a pieno titolo un evangelista portavoce della profonda coscienza, dell’energia vitale che pervade anche ma non solo le vicende umane.
Le sue canzoni sono comprensione umana, preghiere, guerra alle ipocrisie, amore per gli ultimi, gli emarginati e gli oppressi.
Per chi viaggia in direzione ostinata e contraria col suo marchio speciale di speciale disperazione tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi per consegnare alla morte una goccia di splendore di umanità di verità.
Il vangelo secondo De Andrè è un percorso di comunione vera che esprime l’essenza del Cristianesimo secondo cui nessuno si libera da solo, nessuno libera un altro ma ci si libera tutti insieme.
Fabrizio De Andrè non aveva la presunzione di indicare la strada, di trasmettere la sua verità ma di riconoscere a se stesso e agli altri la libertà di scelta, "e a chi diceva è stato un bene, raccomandò non vi conviene venir con me dovunque vada, ma c’è amore un po’ per tutti e tutti quanti hanno un amore sulla cattiva strada".
Anche Gesù disse ai suoi discepoli: volete andarvene via anche voi?
Fabrizio De Andrè è stato semplicemente un anarchico, come Gesù del resto, perché l’anarchia prima di essere un appartenenza politica è un modo di essere, chi sceglie un ideologia può anche sbagliare chi sceglie i senza voce, gli oppressi e i fragili no.
Essere anarchico non significa seguire un catechismo, un dogma, è uno stato d’animo una categoria dello spirito.
Qualcuno potrebbe trovare bizzarro il rapporto di De Andrè con la religione.
Il Dio con cui parla viene continuamente sfidato a presentarsi come uomo.
Non parla mai di un Dio da lodare e temere, anzi concepisce quel Dio come il potere che nel corso dei secoli camuffandosi da Dio non ha fatto altro che uccidere, sfruttare e opprimere, capitò anche a Gesù, "il potere vestito d’umana sembianza ormai ti considera morto abbastanza e già volge lo sguardo a spiar le intenzioni degli umili degli straccioni".
Il potere dopo aver ucciso Gesù nel nome di un Dio, si travestì da Figlio di Dio e altri uomini uccise (inquisizioni, crociate, roghi ecc ecc ), per questo motivo non posso, non devo, non voglio pensarti figlio di Dio ma figlio dell’uomo fratello anche mio.
In "Si chiamava Gesù", il Cristo era stato raccontato come un uomo tra gli uomini, che non era riuscito a eliminare il male dalla terra e ne aveva accettato lacrime e spine anche se inumano è pur sempre l’amore di chi rantola senza rancore.
De Andrè ha contestato i comandamenti uno a uno con la canzone, "Il testamento di Tito", ma ha proposto per ogni comandamento un suo personale modo di appropriarsene rendendoli molto più umani, facendo in fine prevalere l’amore, Tito infatti infrange ogni comandamento tranne il più importante quello appunto portato dal Cristianesimo "ama il prossimo tuo come te stesso" infatti alla fine qualcosa in lui cambia nel vedere un uomo come lui che sta per morire ma che però perdona i propri assassini, nella pietà che non cede al rancore impara l’amore.
Tutto questo discorso potrà sembrare a molti utopico, amare i propri nemici, belle parole ma poi nei fatti… nella concezione generale l’utopia indica qualcosa che non si potrà mai raggiungere che non si potrà mai realizzare, Lei è all’orizzonte, mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi.
Per quanto io cammini, non la raggiungerò mai.
E quindi a cosa serve l’utopia? Serve proprio a questo: A camminare.
L’utopia si realizza strada facendo.

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