Rubrica “A spasso per le Orobie, anzi, a spasso un po’ dovunque” di
Francesco Locatelli, foto di Vio Urda
C’era una volta una bella domenica di settembre, il sole
splendeva alto nel cielo azzurro, gli uccellini canticchiavano soavi canzoni, i
ragazzi giocavano spensierati e incuranti dell’imminente ritorno sui banchi di
scuola che sarebbe avvenuto a breve; insomma, tutto procedeva come da
programma, quando ad un certo punto……. puntini di sospensione……. ritornato a
casa…………. mi accorsi di una strana presenza dormiente sul divano della mia
taverna!!!!! PANICOOOOO!!!! “E mò questo chi diavolo è?”
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Nei giorni seguenti le nostre conversazioni sono quasi sempre
le stesse: donne e montagne (due culture e due vite completamente diverse, ma
su questo ci siamo guarda caso intesi fin da subito!). Vio non vede l’ora di
andare a scalare: catapultato in un contesto completamente nuovo, mi confida
che da sempre sogna di poter arrampicare su roccia, orgoglioso mostra le foto
delle sue montagne e pensandomi chissà quale alpinista provetto mi invita a
casa sua per aprire un nuova via su delle pareti “rumene” ancora vergini! Da
parte mia sono assolutamente ansioso di trovare qualche compagno che abbia
giusto un pochettino confidenza con la roccia in modo tale che possa farmi
sicura mentre salgo.
I giorni passano e il famoso venerdì si avvicina: di
qualcuno che venga ad arrampicare con noi neanche l’ombra: tra studio, lavoro e
impegni vari la mia lista di amici scalatori si esaurisce in fretta; rimane
soltanto mio fratello, il quale seppur abbia messo un imbracatura si e no un
paio di volte deve senz’altro sdebitarsi per questo spiacevole inconveniente
che si è venuto a creare.
Per chi conosce il signor Toskanelli, alias mio fratello, si
aspetterà di certo spiacevoli inconvenienti, parole mancate e sorprese di ogni
tipo: giovedì sera, mentre sto preparando il materiale, Toska con totale
tranquillità e soprattutto senza presentare scuse mi avvisa che il giorno seguente
non ci sarà. Ci metto un po’ di tempo per realizzare la tragicità della
situazione: mi tocca portare da solo un persona che non ha mai arrampicato
(quindi fino ad oggi incapace di fare sicura, ma ci può anche stare) e
che non parla italiano (estremo disagio!). Che fare? Mancare di parola? Rimandare?
Rischiarla? Farsi in quattro per trovare un compagno? Con spiccata mentalità
manageriale analizzo la situazione e giungo alla conclusione che:
A) serve un posto dove si arrampica sul facile, anzi, facilissimo:
la falesia di Brembilla!
B) serve un dispositivo di sicurezza automatico: benedetto
il giorno e colui che mi ha regalato il Grigri!
C) bisogna imparare un paio di termini stranieri: viva
Google traduttore!
D) che Dio ce la mandi buona!
Giornata eccezionale, zero nuvole, temperatura perfetta,
sole di settembre ancora basso nel cielo e sfumature vivaci pronte a colorare i
boschi di nocciolo. Con un po’ di sana nostalgia racconto a Vio quando a 13
anni, il giorno prima dell’esame di terza media, ho scalato per la prima volta
qui, la palestra perfetta per tutti i principianti dell’arrampicata in terra
brembana. Divagando con i ricordi mostro a Vio i camini e le fessure sulle
quale si sviluppa la via ferrata, non potendo di certo dimenticare di quella
volta in cui con un pò incoscienza la salii in una sera di pieno inverno con un
amico! Quella volta, nonostante le catene fossero incrostate di ghiaccio,
riuscimmo a portarla a casa; ho buone regioni di credere che anche oggi andrà
tutto per il meglio!
Dopo una mezzoretta di piacevole camminata siamo arrivati al
settore Lucertole, il più facile ed incoraggiante posto, che io conosca, dove
si possa iniziare in totale sicurezza a praticare l’arrampicata sportiva; con
facili monotiri di una ventina di metri è possibile salire senza troppi
problemi grazie ai buchi e fessure più o meno presenti su tutta l’ampia
placconata del settore (per dettagli tecnici, vedi qui). Preparando il
materiale spiego a Vio tutto ciò che c’è da sapere su “fare sicura”, ovvero le
operazioni che il compagno che rimane a terra deve compiere per permettere al
primo di cordata una progressione sicura. Laddove non conosco la traduzione di
un vocabolo cerco di farmi capire un po’ a gesti e un po’ in italiano, Vio si
dimostra subito attento e dopo aver definito un paio di istruzioni chiave, tipo
give me the rope o I’m at the top, sono pronto a partire!

3 commenti:
"Romania climbing is more than sex!, epica citazione che di fronte al mio stupore è stata giustificata con because in Romania people fucking all the time but they never climb" HAHAHAHAHAHAH super Vio mi manca!
Magistrale Cesko, come sempre quando parla di montagne e di donne (di solito degli altri!) =)
Davvero un bel racconto discorsivo e ricco di argomentazioni. La passione per la montagna è palese e descritta in modo impeccabile! ti cito perchè questo passo mi è piaciuto assai:"piccoli villaggi sparsi su tutti i versanti e abitati ancora oggi da bergamaschi doc, restii al contatto con il forestiero e portatori di un dialetto duro e poco comprensibile anche da chi di dialetto ne mastica parecchio."
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