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lunedì 12 novembre 2012

Un Rivoluzionario Nostalgico

di Andrea Fasolini
Spesso, parlando della crisi del positivismo, viene citato il nome di Sigmund Freud quale artefice della svolta relativista del XX secolo. Prima del suo avvento sulla scena internazionale, la psicologia non costituiva un sapere unitario, bensì era una semplice appendice della filosofia. Tuttavia nell'Ottocento, in pieno positivismo, si affermò nel campo delle scienze una psicologia fisiologica, che studiava reazioni psichiche elementari, applicando ai dati misure quantitative volte all'individuazione di eventuali costanti di prevedibilità, utili alla creazione di apposite leggi.
La rivoluzione freudiana consiste principalmente nell'aver individuato un punto di vista unitario intorno al quale costruire una scienza della psiche. In questo senso applica una totale rottura rispetto alla tradizione filosofica, reinterpretando il concetto di inconscio: il passato aveva classificato tale componente della psiche umana quale sede degli istinti e dei desideri che, secondo la millenaria cultura occidentale, restava incomprensibile, del tutto irrazionale.
Freud, invece, capì quanto tale interpretazione fosse estremamente superficiale: la componente inconscia non è «irrazionale», bensì «extra-razionale»; pur non valendo le categorie della logica classica (spazio e tempo), è necessario trovare metodi d'indagine alternativi.
E’ possibile quindi intuire la grandezza della svolta freudiana e psicanalitica: la componente psichica irrazionale, per millenni condannata dalla filosofia, dalla religione cattolica e dall'etica borghese-positivistica, entra prepotentemente all'interno del dibattito filosofico, assumendo un ruolo determinante. Un ulteriore merito del fondatore della psicanalisi consiste nell'aver rivoluzionato l'idea, ampiamente diffusa nella tradizione pedagogica, di un bambino puro e angelico, in accordo con le riflessioni romantiche e rousseauiane a riguardo.
In uno scritto del 1905, Tre saggi sulla teoria sessuale, Freud delinea i contorni di una vita infantile impregnata di sessualità e perversione, dove il bambino è spinto ad agire proprio in base agli istinti sessuali, che è costretto a mitigare per paura della reazione degli adulti. Tale concezione della vita infantile causò polemiche e suscitò indignazione, sopratutto da parte della componente femminile della società, che si sentì offesa nell'essere detta invidiosa del mancato possesso del pene. Tuttavia, ancora una volta Freud ebbe il merito di fornire una chiave di lettura alternativa della psiche umana, alimentando un acceso e fiorente dibattito.
Nonostante ciò, la forte influenza positivista è ravvisabile all'interno del suo sistema filosofico, in particolare nella concezione deterministica della psiche. E' necessario ricordare che il periodo storico in cui si trova ad operare Freud è fecondo di nuove teorie: tre anni dopo la sua nascita, nel 1859, Charles Darwin pubblica L'origine delle specie; mentre nel 1860 venne pubblicato il primo trattato di psicofisiologia ad opera di Theodor Fechner. In particolare subì l'influenza del fisico e biologo tedesco Helmholtz, dal quale trasse il postulato del determinismo radicale. Tale assioma prevede che ogni evento sia il risultato degli eventi che lo hanno preceduto. Il funzionamento psichico è rappresentato come un insieme di forze autoregolate, che tende a mantenere costante il livello di tensione, scaricando ogni eccesso di energia. Studiando vari casi clinici, in particolare quello di Anna O., Freud intuì che ogni sintomo o patologia avesse delle precise cause, determinate da eventi passati.
Tale aspetto della sua teoria emerge chiaramente nel dodicesimo capitolo di una sua opera del 1901, "Psicopatologia della vita quotidiana", intitolato non per niente "Determinismo, credenza nel caso e superstizione":
«Certe insufficienze delle nostre prestazioni psichiche e certe azioni che appaiono non intenzionali, risultano, se si applica loro il metodo dell'indagine psicoanalitica, come ben motivate e determinate da motivi ignoti alla coscienza[...]. Da parecchio tempo so anche che non si riesce a farsi venire in mente un numero a piacere, così come, per esempio, un nome. Se si esamina il numero in apparenza formato arbitrariamente, magari di molte cifre e pronunciato come in ischerzo o per giuoco, esso risulta rigorosamente determinato, in modo che non si sarebbe ritenuto possibile.[...] Io dunque mi distinguo da una persona superstiziosa per quanto non credo che un evento verificatosi senza la partecipazione della mia vita psichica possa apprendermi alcunché di nascosto sulla forma che assumerà la realtà futura; credo invece che una manifestazione non intenzionale della mia propria attività psichica mi sveli veramente qualcosa di riposto, che a sua volta appartiene soltanto alla mia vita psichica; io credo dunque alla casualità esterna (reale),non a quella interna (psichica). [...] Ora io sostengo che questa ignoranza cosciente e conoscenza inconscia della motivazione delle casualità psichiche sia una delle radici psichiche della superstizione. Perché il superstizioso non sa nulla della motivazione delle proprie azioni casuali, e perché il fatto di questa motivazione pretende un posto nel suo riconoscimento, egli è obbligato a sistemarla mediante spostamento verso il mondo esterno[...]».
Emerge quindi evidentemente il principio del determinismo freudiano: gli eventi psichici sono collegati da un nesso causale con gli avvenimenti precedenti, senza discontinuità. In sostanza, nonostante le grandi innovazioni, il pensiero psicanalitico originale rimase nell'orbita positivista.

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