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sabato 29 settembre 2012

Abbiamo già dato!

di Sara L.

Bergamo, un giorno che non ricordo di fine agosto: alla mia scrivania sto compilando il modulo ferie per il 28 settembre, c'è un matrimonio che rimarrà negli annali, non lo posso assolutamente perdere. Non faccio in tempo a consegnare il modulo che già lo strappo: i due ieri si sono sposati (e oggi ne sento ancora gli effetti...) ma io non ero in ferie, ero assente dal lavoro per sciopero.

Non so quanti dei lettori si sono accorti dello sciopero di ieri, indetto dai comparti pubblici di CGIL e UIL, che coinvolgeva i lavoratori degli enti pubblici, quelli della sanità privata, e (come me) delle cooperative sociali. Le motivazioni della protesta sono legate principalmente all'opposizione rispetto alla politica dei tagli al comparto, della riduzione del personale, della vacuità nel dialogo con le parti sociali coinvolte; l'opposizione quindi contro la cosiddetta spending review, portata avanti in modo miope da parte di un Governo che in quest'ambito non ha cambiato rotta rispetto ai precedenti.
Non intendo fare di questo articolo un mezzo di propaganda sindacale, intendo dare la visione, non esauriente e sicuramente soggettiva, dello spaccato di due tra le ricadute che provoca la politica dei “tagli al settore dei fannulloni, che non arricchisce ma fa solo spendere”.

LAVORARE CON MENO DI UN EURO PER CITTADINO
La sensazione costante e asfissiante di chi, come me, opera nel sociale è spesso di impotenza: anche ottimi professionisti, con un ottimo bagaglio formativo, profonda conoscenza della legislazione, ottime capacità professionali hanno gran poco spazio di azione quando hanno a disposizione un bilancio che alla voce “contributi economici” non ha abbastanza denaro neanche per pagare un caffè a tutti i cittadini del territorio di riferimento. Con questo non intendo dire che i problemi sociali si risolvono (solo) con i soldi, badate bene... ma certo la liquidità è uno strumento indispensabile per rispondere ai bisogni delle famiglie che si trovano in condizione di crisi economica, che negli ultimi anni sono in costante aumento. Probabilmente, avendo cominciato a lavorare a crisi già conclamata, soffro di meno la frustrazione della mancanza di soldi rispetto a colleghi abituati a lavorare in contesto di “vacche grasse”, se mai di vacche grasse si sia potuto parlare in ambito sociale. Sta di fatto che il cittadino che fatica a mettere insieme il pranzo con la cena per sé e i figli, pagare l'affitto o il mutuo, le bollette, le spese sanitarie e scolastiche e tutto ciò che deve coprire il bilancio di una famiglia, poco se ne fa della mia creatività progettuale, della comprensione e della propensione all'ascolto, della capacità di accogliere il suo bisogno: tutti aspetti indispensabili, ma con una pacca sulla spalla non si mangia di certo. In un contesto in cui nel giro di pochi anni i finanziamenti si sono ridotti alla metà della metà quando va bene, concetti come “diritto al reddito minimo vitale” o “livelli essenziali di assistenza uniformi” fanno ridere, o meglio fanno piangere... sicuramente fanno sentire presi per il culo (francesismo sgradito ma obbligato) i cittadini.

BASTA FANNULLONI!
Se il concetto dei tagli tocca il cittadino nel momento in cui si vede ridotti i finanziamenti necessari per dare risposta ai bisogni primari casa-cibo-scuola-salute e vede sempre più persone rivendicare il loro diritto di precedenza in una vera guerra tra poveri, i tagli toccano eccome anche gli operatori direttamente e di conseguenza anche i cittadini, che si vedono privati delle figure di riferimento. Non solo assistenti sociali, ma anche assistenti educatori per disabili, psicologi, educatori in contesti comunitari... Ad abbattere la scure, purtroppo, non è solamente la politica dei tagli in questo caso, quanto un modo tutto italiano e della “brutta politica” di procedere a operazioni di facciata e a slogan, un esempio su tutti: il blocco delle assunzioni. Al proclama di “basta coi fannulloni” si è proposta la semplice soluzione: assumiamo meno personale, così il contribuente la smetterà di pagare gente che mangia a sbafo (come, prego?!) e riceve stipendi d'oro (COME, PREGO?!?!). Risultato? Per ogni 5 dipendenti pubblici che cessano dal loro incarico ne può essere riassunto 1: in pratica se vanno in pensione un vigile, un'impiegata dell'anagrafe, un geometra, una segretaria e una bibliotecaria bisogna fare la conta per scegliere quale figura serve riassumere più urgentemente. E allora viva la creatività: non si assume ma si fanno contratti di collaborazione per esempio, perchè i servizi vanno comunque prestati... e voi cari contribuenti pensate davvero di effettuare un risparmio in questo modo?

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