di Vicky Rubini
Bentrovati,
oggi si parla (non esaustivamente, ahimè) di religione.
In Thailandia il 95% della popolazione è buddista (la differenza è
composta da musulmani -3%- e cristiani/altro), per la precisione si
tratta di buddismo Theravada.
Fondamentalmente,
come suggerisce il nome che significa insegnamento dei
vecchi/autorevoli/saggi, la dottrina vede nei monaci i suoi esponenti
di maggiore rilievo religioso. E’ interessante osservare durante le
numerose cerimonie religiose, a cui prendo parte ogni week-end, che
esiste una gerarchia ferrea nella disposizione geografica dei monaci
sull’altarino sui cui si siedono: quello che impugna il microfono,
il primo, è il capo -primus inter pares, naturaliter- del tempio; si
immagini l’abate in un’abbazia europea. Seguono coloro che nel
tempo, e nel tempio, si sono distinti per meriti di varia rilevanza,
quali la devozione dimostrata nella meditazione, il distaccamento
dalle cose terrene, il privarsi di emozioni ecc. In fondo alla coda
naturalmente stanno i novizi.
Ora,
i precetti su cui si basa il buddismo Theravada sono essenzialmente
che la pace dell’anima si raggiunge attraverso la meditazione, ma
non è una questione escatologica alla maniera squisitamente
cristiana, infatti il fedele non sta bene “dopo” la meditazione,
ma durante. Ed è per questo che le sedute di preghiera posso
protrarsi anche per ore. Gli efflussi benefici sono tuttavia
rintracciabili, come accennavo nell’ultimo articolo, nell’apatia
sentimentale, aporia fisica, e atarassia spirituale. Ebbene sì,
sembra che proprio da questa antichissima religione il buon Epicuro
abbia tratto le sue dottrine edonistiche.
Dunque
per essere un buon fedele devi essere sostanzialmente una sorta di
ameba (ma non mi dilungo, consultare la pagina “insulti ai
thailandesi” redatta nelle notti più buie), e la meditazione è la
via più veloc, ehm, efficace per ottenere i risultati sperati. Altro
tratto saliente della dottrina è la non-rinnovabilità della
dottrina, altrimenti, come nel caso cristiano, si parla di eresia.
Non
vi sto a parlare della mitologia buddista, né della cosmologia (in
realtà non dissimile dalla nostra (mondo dei desideri-alias inferno-
mondo della possibilità, e mondo di Buddha, portale per l’eden,
orgasmo perpetuo, chiamatelo come vi pare), non starò a raccontarvi
tutte le 550 vite (sette, secondo altre fonti) di Buddha, né vi
illustrerò le Quattro Nobili Verità, l’Ottuplice Sentiero, le Tre Caratteristiche. Perché non le so.
Vi basti sapere che in Thailandia il buddismo è nato sotto il regno
degli Khmer, e ho detto tutto.
Un’ultima
considerazione è obbligatoria, per separare grossolanamente il
buddismo Theravada da quello tibetano. Il primo porta casacche
arancioni, il secondo gialle, ma soprattutto, secondo il primo la
felicità (ripeto, atarassia) risiede nel singolo (se io mangio e tu
no,è come se pregassi) per il secondo la felicità risiede nella
collettività (se tu non sei felice non lo sono neanche io) .
Da
qualche tempo a questa parte, pare, ci son grandiosi sviluppi nel
mondo sud-est asiatico -dal punto di vista religioso-. Si parla di
eco-sostenibilità, si parla di sinergia con le altre forme di
buddismo, si parla di diritti alle donne, si bisbiglia di attivismo
sociale... Insomma, si parla un sacco. E si medita...
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