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martedì 30 ottobre 2012

Una lettera che ha viaggiato

di Nicola Toska Locatelli

Non voglio insegnare niente a nessuno con questa, sono soltanto le opinioni fin troppo soggettive di una persona in particolare in un viaggio in particolare. Impressioni che mi sono state chieste, e che ho ritrovato scartabellando nella corrispondenza. Forse non c'è niente di vero in queste parole, ma sicuramente rispecchiano i sentimenti avvertiti da cui sono scaturite.



07 Maggio 2012
Io e Vio
Doha, ore 16

[…]. Comunque ho detto che avrei scritto a proposito del “viaggio”. Ammetto che le destinazioni non sono poi state troppe ma ogni viaggio è unico, particolare, il mio mi ha costretto in un posto solo e in una esperienza dura, è andata così. Quello che distingue comunque un vero viaggio da una vacanza è se al suo ritorno sei più maturo, consapevole oppure no, non considerare questi due aggettivi con un significato solamente positivo: diventare consapevoli tante volte non è né bello, né ci migliora.
Il fatto più difficile con cui convivere è la solitudine, stacci attento. Io sprono sempre cani e porci a partire per un po’, ce l’ho fatta con M***** e con la S****, ma non auguro a nessuno di sentirsi solo. Il problema è che in un viaggio hai poco tempo per creare relazioni profonde, credimi, e più ti muovi, meno ne hai. E ci si stanca in fretta di vedere SOLO facce nuove, fare sempre le stesse domande di routine e così via. Mi manca portare avanti un progetto, anche più di uno, ho scambiato i progetti, le persone, per fottutissimi soldi. Per cui non ti dico di non partire per un qualche dove, ma che se parti, o hai intenzione di tornare o l’opposto, credimi, sarei il primo a seguirti, ma non per troppo forse. Non sono per la natura sedentaria piuttosto che nomade, ma sono per la condivisione e lo scambio che si crea tra persone che hanno imparato a conoscersi e mandano avanti idee e sogni assieme, e sono convinto che per fare questo non si possa fare a meno del tempo speso assieme. Anche una famiglia è un progetto in questo senso. Credo poi che un viaggio serva a tutti alla nostra età. Impariamo così il valore di cose, di cui forse non ci eravamo mai resi conto, delle cose che abbiamo sempre avuto e che vengono a mancare, famiglia in primis. […]. E in fondo nella stessa parola “viaggio” è compreso il ritorno. In ultimo voglio ricordarti che un viaggio vero, lungo, lontano, ti mette in crisi, tutti i tuoi schemi mentali rischiano il collasso quando rimani l’unico ad utilizzarli, ma che resisti o meno resta il bene derivato dall’aver visto le cose da un altro punto.
                                                                                                                     A presto fratello
                                                                                                                               Toska

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Pronta a partire per la terra di Vio! Grazie Toska

Anonimo ha detto...

Per rimanere in tema con il ritrovare scartabellando tra vecchi fogli: il caso ha voluto che leggessi quanto hai scritto nel giorno stesso in cui ho messo ordine tra vecchi fogli e questo è quello che ne è saltato fuori; in linea con quanto hai scritto tu, non ho la pretesa di insegnare niente a nessuno, non possiedo né verità né certezze, solo voglia di condivisione.
"Il viaggio... Cos'è il viaggio? O forse, come ha fatto Todorov, filosofo e saggista bulgaro, è meglio chiedersi “cosa non è il viaggio?” ma il viaggio non può non essere. È e basta. La nostra vita è un viaggio e ciò che davvero importa non è tanto la meta in sé ma ciò che acquisiamo nel corso di questo. Lo spostamento fisico del resto non può che coincidere con il cambiamento interiore. Ed è per questa ragione che il viaggio ha valore, proprio perché plasma il nostro essere attraverso il suo stesso essere. Di qui nasce un problema fondamentale: può il viaggio, che si qualifica per sua stessa natura come un'esperienza personale ed individuale -ognuno del resto percepisce, sente, vive con la propria sensibilità e specificità- divenire esperienza collettiva? È lo sforzo che tutti dovremmo cercare di compiere per far sì che le nostre esperienze diventino esperienze anche per l'altro ed insieme esperienza dell'altro. (…)
Ma nel viaggio sono annidati infiniti rischi: nel percorrere le intersecate vie delle strade che ci conducono nei diversi luoghi, siamo, in un certo senso, costretti a percorrere le intersecate vie del nostro intimo e profondo essere. Viaggiare, aver a che fare con diverse persone, diverse culture, diversi luoghi ci obbliga a mettere in discussione la nostra identità. (…)

Anonimo ha detto...

Viaggiare è sì un fatto, è sì vita ma è soprattutto emozione, un qualcosa che diviene parte di te, che non è più recuperabile singolarmente dalle altre esperienze ma con il quale costituisce un tutt'uno saldo e indivisibile. Ma ciò che ne deriviamo proviene non solo dal viaggio in sé ma anche dal viaggio che ognuno di noi compie proprio prima di partire, le aspettative che si costruiscono che si scontreranno inevitabilmente con la realtà: esse, come un ponte di collegamento tra il luogo in cui ci troviamo e il luogo verso il quale ci dirigiamo, crollano al contatto con la realtà, ma le macerie che ne sono rimaste, insieme al resto, contribuiscono alla nostra formazione.
Ma il viaggio con il suo forte potere arricchente porta intrinsecamente entro sé la perdita: serpeggia nelle nostre menti e nei nostri cuori la repulsione del non poter essere in due luoghi contemporaneamente “quando e l'uno e l'altro vivono nel nostro pensiero, anzi nel nostro sistema nervoso: nel nostro corpo... possiamo infatti metterci in viaggio. Ma mentre la meta si avvicina e diventa reale, il luogo di partenza si allontana e sostituisce la meta nell'irrealtà dei ricordi; guadagniamo una e perdiamo l'altro. La lontananza è in noi, vera condizione umana. (…) Il viaggio lascia un dissidio che le abitudini non possono comporre”.
Il viaggio diviene un vizio, una necessità, diventiamo affamati di luoghi che non abbiamo neanche mai visto; una nuova forza duplice nasce in noi: da una parte essa ci spinge verso casa, dall'altra ci spinge sempre più lontano…ed è forse l'equilibro tra queste due forze opposte che ci tiene in piedi. C'è un nuovo fuoco che adesso ci accende: è il desiderio di conoscere, di vivere, di entrare in contatto più vero e sincero possibile con il mondo. È questo il modo in cui si dovrebbe viaggiare, sebbene si corra il rischio della dispersione, sarà forse per questo che Magris parla di ritorno -materiale e sentimentale- a sé stessi sempre più incerto. Ma bisogna forse rimanere legati a qualcosa, bisogna viaggiare, desiderare l'esperienza dell'altro ma ricordandosi dei legami che abbiamo e delle nostre radici. A chiunque abbia intrapreso un lungo viaggio sarà capitato di pensare ad un luogo famigliare o con cui si ha uno stretto legame come la propria "casa". Un viaggio deve condurre ad un radicamento profondo e non l'opposto. Si prende coscienza dell'altro ed attraverso questo si prende coscienza di sé, del resto l'uomo per natura o forse per condanna riesce a cogliere davvero il valore delle cose quando non le ha più o quantomeno quando ne prende le distanze, sentimentali o fisiche che siano."

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