-

domenica 9 marzo 2014

Che vinca il migliore (?)


di Fabio Boffelli


Ciascuno di noi ha partecipato, almeno una volta, all’elezione del capoclasse. Probabilmente il meccanismo di elezione adottato sarà stato quello della maggioranza, e sicuramente nessuno avrà avuto nulla da eccepire. Tutti avranno pensato che a vincere sia stato lo studente più adatto all’incarico, o quanto meno quello ritenuto tale. Naturalmente questo discorso scricchiola fin dalle fondamenta.
  Supponiamo che per eleggere il capoclasse vi venga proposto il seguente sistema di voto: al primo step viene confrontata la coppia Abbati - Adami (i primi due studenti dell’elenco alfabetico), su cui ciascuno studente esprime la propria preferenza. Il vincitore di questo scontro viene confrontato con Bignami, e così via fino a esaurire l’elenco. Anche questo metodo di votazione sembra ineccepibile.
  Ora immaginate che vi venga proposto di ripetere la stessa procedura partendo però dalla coppia Zanetti - Viganò e risalendo l’elenco fino ad Abbati. Ancora: immaginate che ciascun alunno esprima la propria preferenza su qualsiasi coppia di studenti della classe e di contare poi per ogni studente il numero totale di confronti che ha vinto. Tutti questi meccanismi di voto sembrano inattaccabili.  
  Sorpresa! E’ possibile che ciascuno dei sistemi esposti porti a eleggere un capoclasse diverso. Questo problema è noto datempo, tanto che già Nicolas de Condorcet, nel XVIII secolo, aveva affrontato l’argomento. Non si tratta di un problema per intellettuali, e non è nemmeno un problema di poco conto. Oggi nella politica italiana accordarsi su un meccanismo di votazione sembra un’impresa titanica, ma questo non è altro che il risultato del problema appena esposto: nessun sistema di voto è giusto e nessuno è sbagliato, ma ciascun sistema avvantaggia qualcuno e svantaggia qualcun altro.

Il risultato di un’elezione è sensibile al meccanismo di votazione al punto che, in maniera a prima vista paradossale, può non essere eletto il candidato che ha preso il maggior numero di voti (nelle elezioni presidenziali degli Stati Uniti questo è possibile, ed è anche accaduto). Accordarsi su un sistema di votazione in prossimità del voto, dunque, significa in qualche modo accordarsi anche sull’esito più probabile dell’elezione: è comprensibile che si scateni il caos!
  Su una cosa però saremo sicuramente d’accordo: dovendo scegliere un meccanismo di voto questi punti devono essere rispettati:

1) Se tutti gli alunni reputano Adami un capoclasse migliore di Zanetti, Zanetti non può essere eletto capoclasse;

2) Nessuno studente deve essere incentivato a esprimere una preferenza fittizia (dichiarando ad esempio di preferire Abbati a Viganò quando ritenga che Viganò sia un capoclasse migliore di Abbati);

 Altra sorpresa! L’unico meccanismo di voto che rispetta queste proprietà è la dittatura: un alunno decide per tutti. La dimostrazione della variante più generale di questo risultato è valsa il Premio Nobel per l’economia a Kenneth Joseph Arrow, nel 1972. Naturalmente questo non significa che si debba abbandonare la democrazia in favore della dittatura, tuttavia significa che almeno uno dei due punti elencati (il secondo nella pratica) non può essere soddisfatto. Una delle conseguenze è che se i candidati a un’elezione sono A, B, C e un elettore predilige C ma ritiene che votando C vincerebbe un candidato che detesta (per esempio A) mentre votando B vincerebbe B, allora voterà B. Questo finisce per falsare le votazioni, ma non è possibile rimuovere completamente il problema a meno di adottare una dittatura.
  Quelli esposti sono solo alcuni dei grattacapi in cui si incorre nel momento in cui, a partire dalle relazioni di preferenza individuali, si cerca di estrapolarne una sociale. Non è possibile, in democrazia, fare a meno del voto, tuttavia è utile comprendere che quella della votazione è una macchina potente, in grado di generare output diversi a partire dagli stessi input a seconda del modo in cui è tarata. Prima di votare bisognerebbe sempre focalizzarsi sul meccanismo di elezione e chiedersi se sia adeguato alle circostanze: la politica italiana insegna.

Nessun commento:

Recenti