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giovedì 13 marzo 2014

Vita da cani


                                                     di Ivan Capotorto

Mai avrei pensato di scrivere storie sui cani. Sui gatti l'ho già fatto, ma sui cani mi sa di tg.

Cammino per la grande strada. Sono le 7.55 di mattina, e Francesca è corsa al lavoro. Stavolta mi fermo a guardarlo, questo muro. Ho già visto qualcosa tempo fa, ma quando la testa non è vuota, si guarda e non si vede. Lo esamino. è incastrato nella roccia, dove il cemento crepa. Cresce a cespuglietto, e le foglie sono come tanti cuori incollati male. Un piccolo cappero, sì, per me è un cappero. Lo colgo, attento a non romperne le radici, e proseguo. Spulcio le foglie buone, e mi incammino verso la giornata.

Passo il raccordo, passo il ponte del gatto morto, passo le ville e il “Colleoni” divani.
Mentre cammino, il mio sguardo per poco si perde in quello di un vecchio imprenditore, con la sciarpa
color panna e la porche con la gomma bucata. Qualcuno l'aggiusta per lui. Ha uno sguardo.. allegro, ma spento.
Proseguo a passeggiare, schivo i vetri tra il tarassaco e la piantaggine. Arrivo al vecchio distillificio, che ora quasi non distribuisce nemmeno più l'acqua in bottiglia. La plastica va di più.

Insomma, arriviamo al dunque. Un grande cancello bianco, scrostato dalla vecchiaia. Delle pareti, erose dalla pioggia, ospitano dei gradini ai loro piedi, dei vasi a fianco dei gradini, e due cani in parte ai vasi (a fianco e in parte, io rinuncio, anzi, proprio non voglio capire).

Uno è piccolo, pelosissimo, di colore probabilmente bianco, ora color panna-grigio. Molto vecchio.
Mi stupisce, più che il suo fare arzillo, il fatto che mi abbia visto: non vedo il muso, solo pelo. Si alza, e trotterella verso di me, abbaiando con tono basso e rauco. A questo punto si alza il secondo. Un grosso cane nero, peloso, ma non abbastanza da renderlo buffo. Anche lui è vecchio, i bordi degli occhi pendono, e lui barcolla un poco. Abbaia pacato, aggiungendosi al primo, e scodinzola.

Quindi mi avvicino, e lentamente porgo la mano verso il muso di quello grosso.

E qui arriva ciò che vorrei raccontare. è banale, forse da cronaca rosa, forse pure peggio. Forse però, come ho pensato, è così banale che val la pena raccontarlo.

Avvicino la mano, e i due cani smettono di abbaiare, sono incuriositi. La mano è all'altezza del grosso cane nero, che annusa avidamente. Fa respiri profondi e regolari. L'altro, non potendo fare altro, alza il muso (o quello che immagino fosse il muso) in direzione della mano. Annaspa per annusare, fiuta tutto ciò che può, tutto ciò che c’è tra il suo naso e la mia mano, cioè muco, peli, sporco, smog e un poco d'aria mattutina, profumata di primavera.

Ritraggo la mano. Vorrei tornare a casa, ho molte cose che vorrei fare oggi.

Mentre mi allontano, il grosso cane nero abbassa il muso, e lo porge al compare, condividendo l'esperienza. Il mio odore. L'odore di ciò che le mie mani han toccato.

Mentre cammino a bordo della strada ripenso a ciò che ho visto, e mi accorgo che mi è rimasto. Mi è rimasto l'odore di quell'attimo, quell'attimo di condivisione. Se tutti gli uomini e donne dovessero fare tutte le esperienze possibili, forse non combineremmo un tubo. Forse saremmo tutti presi nell'esperire, e nemmeno avremmo inventato grandi cose, come ad esempio la mezzaluna. Ah, se non ci fosse la mezzaluna, non saprei proprio come tagliare il prezzemolo così bene. E poi è uno strumento così bello, balla sul tagliere, dondola e ti culla in quel breve momento..

Insomma, oggi due cani mi hanno ribadito che condividere è importante. Ed è importante condividere
cose anche con chi già condivide con noi la nostra stessa esistenza, perché è così che la
convivenza ha senso, si arricchisce, prende valore e può produrre, forse, qualcosa.



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