Una canzone che parla a te, che ascolti, ma che riesce ad invertire i ruoli tra cantante e pubblico. Cantata dolcemente ma con passione e forza.
Contrapposizioni che si trovano anche nell'arrangiamento, da una parte il piano fender rhodes, di una dolcezza unica, dall'altra una impertinente chitarra acida in controtempo.
Parole forti e incastrate nell'armonia come solo Rino Gaetano sapeva fare, ma immerse in un mare di riverbero, cosa strana se si pensa al resto del suo repertorio. Un riverbero da cattedrale, anzi, da enorme teatro deserto e spoglio. Non un'anima in platea.
E il ritornello? Ho individuato alcune ipotesi per cercare di spiegarmelo:
a) La canzone era già pronta senza ritornello, ma il produttore disse: "E mò che minchia se canta a li concerti? Rino, io te vojo bene, ma non me poi fà una canzone senza ritornello, ne devi trovà uno!".
b) Il testo del ritornello fu censurato dalla casa di produzione (cosa che gli era già successa con qualche altra canzone…) a pochi giorni dall'uscita del disco. Lui rimediò così, come quando, durante il ventennio, i quotidiani uscivano con qualche spazio bianco rettangolare, perché la censura fascista faceva rimuovere gli articoli scomodi un attimo prima della stampa.
c) Gino Paoli, dopo aver saputo (era nel cda della SIAE sin dalla scomparsa dei dinosauri), telefonò a Rino per dirgli che se in Italia si fosse pubblicata una canzone senza ritornello, gli avrebbe tagliato i testicoli.
d) L'autore ci lascia una pausa di riflessione, consapevole del fatto che non basta ascoltarle una volta le sue parole , ma bisogna capirle e assimilarle…prima di passare alla strofa successiva. e) L'autore ci piglia, con rispetto parlando, per il culo. Da 32 anni.
Nessun commento:
Posta un commento