di Andrea Fasolini
Per concludere questa trilogia sul caso propongo l'analisi del pensiero di un illustre intellettuale, Jacques Monod, premio Nobel per la medicina nel 1965, il quale nel 1970 pubblicò "Il caso e la necessità", un saggio in cui tentò di inserire in modo rigoroso la casualità all'interno dell'evoluzione. Secondo il celebre biologo, ciò che differenzia il mondo inanimato da quello animato risiede nella possibilità di quest'ultimo di trasmettere informazioni sulla propria struttura, chiamate invarianze. Tale processo è reso possibile da un meccanismo, chiamato teleonomia, nato dall'esigenza tipica dei viventi di perseguire un progetto. Nonostante il postulato d'oggettività lo escludesse, Monod credeva che tale meccanismo fosse evidente in natura: nella specie umana, gli acidi nucleici rappresentano l'invarianza, mentre le proteine si occupano dell'aspetto teleonomico. Tuttavia, il progetto che una specie segue, deve scontrarsi con gli interventi del caso durante il proprio percorso, che potrebbero deviarne il fine ultimo: infatti, essendo le mutazioni le uniche fonti di modificazione del testo genetico, ed essendo esse frutto del caso, allora soltanto quest'ultimo è all'origine dell'intera biosfera, distruggendo ogni antropocentrismo. Persino l'azione stessa degli avvenimenti che possano provocare un errore nella replicazione del messaggio genetico sono del tutto indipendenti tra loro: il caso è quindi essenziale, non operativo, cioè eliminabile se si avessero gli strumenti adatti, come nel gioco dei dadi. Come conseguenza, l'evoluzione non può essere una proprietà degli esseri viventi, ma ha le sue radici nell'imperfezione stesse di queste ultime. Una volta che l'evento casuale entra nel DNA esso verrà replicato, divenendo così necessario. Infatti, le sole mutazioni accettabili sono quelle che non riducano la coerenza dell'apparato teleonomico, ma piuttosto lo rafforzino: quest'ultimo quindi stabilisce le condizioni iniziali per l'accettazione degli effetti del caso. Ciò sorge evidente quando pensiamo al fatto che, dopo un susseguirsi relativamente frequente di evoluzioni, alcune specie abbiano terminato il processo evolutivo: l'ostrica non subisce mutazioni significative da 150 milioni di anni, così come la cellula moderna, che esiste ormai da oltre tre miliardi di anni. Evidentemente il meccanismo teleonomico ha agito da guida e freno, selezionando le possibilità che la Natura gli ha offerto nella storia. Tale capacità si affina con l'aumento dell'autonomia, risultando più sviluppata negli organismi superiori. Nell'uomo, per esempio, le rudimentali forme di comunicazione utilizzate dai nostri antenati portavano vantaggi; così la specie influì fortemente nella selezione dello sviluppo della corteccia cerebrale e del sistema nervoso, per migliorare tale aspetto, creando il linguaggio. La soluzione di Monod sembra applicare una metriotes (moderazione, equilibrio NDR) tra i deterministi e i sostenitori della casualità: il caso esiste, ed è alla base di ogni cosa; Tuttavia, gli esseri viventi non sono semplici spettatori inermi esposti alle intemperie di un crudele gioco delle probabilità. Anzi, hanno sviluppato appositi meccanismi non solo per difendersi da questa incomprensibile entità, ma anche per sfruttarne i doni vantaggiosi. Non ci resta che ammettere di essere solo una delle tante specie in continuo sviluppo del proprio progetto teleonomico.
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