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giovedì 10 gennaio 2013

Mulţumesc

di Miriam Bonalumi




Se, tornando da un viaggio, vi chiedessero di riassumerlo in una sola fotografia, in un attimo, in uno scatto...
 cosa scegliereste?


31 Dicembre 2012. L'anno scivolerà via tra poche ore, forse impattando sulla strada coperta da uno strato di ghiaccio di almeno 5 centimentri. Uscendo dalla carreggiata principale, tutto rimane perennemente incrostato di freddo.
Scivolosissimo al minimo movimento.
Non per loro, che agilmente sgattaiolano sul sentierino di cristallo come se fossero su un prato.
Rimango inesorabilmente indietro, chiamandole a gran voce, divertita da quanto sia impacciata nel loro habitat: "Lo sapete che non so camminare sul ghiaccio come voi!"

Sono volata qui solo ieri da casa mia: ancora non mi sembra vero, di aver raggiunto questo mondo e poterne già far parte così.



Mentre le bambine vanno di casa in casa a recitare la filastrocca di fine anno, alcuni simpatici compagni di scuola travestiti da mostri tendono agguati paurosissimi!
Vale, Miha, Georgi e Deni mi accompagnano allegre per il paese, anche se "compagnia" è un eufemismo: innumerevoli tentativi fantozziani di rincorsa disperata delle infanti su terribili lastroni compatti.
Solo ogni tanto, una delle quattro, inaspettatamente si affianca a me e sorridendo mi prende per mano, cancellando le enormi distanze tra le nostre vite con un gesto semplice di fiducia.

In teoria rivesto l'autorevole ruolo di "adulta" di riferimento, insieme ad una compagna di viaggio.
Mi accorgo presto che non è così: che pretese ho io, da poco più di una quarantina d'ore in Romania, di dirigere la ciurma?

Loro conoscono le vie, conoscono il romeno, conoscono la gente.


 Sono nate qui, o perlomeno qui sono cresciute e hanno trovato affetto:  

Vale, Miha, e Deni sono sorelle, e hanno trascorso la loro vita nella Casa per bambini "Victorine".
Non ricordo con precisione la loro storia, tra le miriadi di storie che ho sentito in questi giorni.
Di certo non è un racconto facile: senza una loro casa, senza genitori che le crescano.

Anche Georgi ha delle sorelle, sono sette femmine, e come lei, altre due sono a passeggio per Slanic in questo freddissimo pomeriggio di fine anno.
Sono di origine rom, e vivono anche loro alla "Victorine".
Non ho la più pallida idea di dove siano le altre quattro sorelle, ma mi sono accorta che la storia di ognuno di questi bambini va ricercata dentro parentele, separazioni e ricongiungimenti troppo complessi da capire, forse dolorosi da chiedere.

Immersa nei miei pensieri mi accorgo che qualcuno, nel frattempo, si sta già dando da fare.
 Da questo momento in poi è tutto un grande bussare, scampanellare, rumore concitato di passi sulle scale.
I primi venti minuti appiaiono monotoni, nessuno accenna ad aprire le porte, ed inizio a preoccuparmi della delusione che potrebbero intascare le mie nuove, piccole amiche.

L'apprensione lascia spazio alla meraviglia della prima porta aperta (immortalata nella fotografia in alto).
Il cerimoniale è sempre lo stesso, le reazioni sempre nuove: la porta di apre, le bambine chiedono di poter recitare la filastrocca di fine anno, ricevono quasi sempre un "Da" (Sì) e iniziano a proclamare i versi, imparati a memoria con tanta fatica.
Noto che mentre ripetono la filastrocca cercano i nostri sguardi, come per essere rassicurate: "Siete brave, state andando bene" cercano di comunicare i miei sorrisoni da dietro la porta, anche se in realtà non capisco nulla di ciò che stanno dicendo.

Deni, la più grande, dirige la situazione: da dietro, impartisce il tono alle altre, le stimola quando sbagliano, controllando velocemente i versi sul suo foglietto stropicciato.

Il successo è grande: le persone, sorridendo, ci donano dolci e caramelle, insieme ad alcune banconote di leu, valuta romena. Vale, la più piccola, serissima, gestisce la cassa.
Spesso le persone si rivolgono a noi, ma le bambine prontamente ricordano che "Siamo italiane".

Tre ore di scale, pianerottoli, case aperte, volti nuovi, nuovi sapori  e suoni, vite di altri: si ride insieme della vecchietta che ci ha sbattuto in faccia la porta esclamando l'unico "Nu" del pomeriggio, si contano i leu nel portafoglio, si sgranocchiano i cioccolatini alle nocciole.

L'emozione di essere stranieri accolti con calore è grande, non penso di averla mai provata così prima d'ora: entrare nelle case della gente, incrociare gli sguardi con complicità, scambiarsi gli auguri con un romeno biascicato, improvvisato su due piedi.

S'è fatto buio, è ora di tornare a casa, ma le bambine non vogliono saperne: convintissime della loro scelta. entrano dalla porta scorrevole di un Hotel a quattro stelle. Anzi, DELL'Hotel a quattro stelle.
Cerco di dissuaderle, ma non c'è verso: una ragazza truccatissima, alla reception, offre loro un cestino colmo di caramelle, con un sorriso sincero.

 Benvenuta in Romania.









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