di Sara L.
“la legge non
può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”
“le pene non
possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere
alla rieducazione del condannato”
(Costituzione
italiana, art. 32 e art. 27)
Per il rotto della cuffia: metodologia frequente della
programmazione del lavoro inerente le tematiche sociali, dal piccolo Comune,
fino ai più alti livelli. Ultimo ed eclatante esempio? Il Decreto legge n. 24
del 25 marzo 2013, ovvero il provvedimento attraverso il quale il Governo ha
rinviato il termine di attuazione delle norme sugli OPG, con le modifiche
apportate alla legge 9/2012. In buona sostanza, anche se in termini un po'
semplicistici, si rinvia di un anno la scadenza fissata poco più di un anno fa
per il 31 marzo 2013, termine entro il quale dovevano essere chiusi gli
Ospedali Psichiatrici Giudiziari.
Ma risaliamo alla ratio di questa chiusura, o meglio, ancor
prima chiediamoci cosa sono gli OPG e cosa servono.
In Italia ci sono 6 OPG: Montelupo Fiorentino (FI), Aversa
(CE), Napoli, Reggio Emilia, Barcellona Pozzo di Gotto (ME), Castiglione delle
Stiviere (MN), l'unico con il reparto femminile. Essi sono destinati ad
accogliere (ironia del termine) coloro che abbiano compiuto un reato e al
contempo siano affetti da patologia psichiatrica con un alto profilo di
pericolosità sociale.
Alla fine del 2009 queste strutture contenevano circa 1300
persone, gli “internati” come vengono chiamati dagli addetti ai lavori.
Difficile capire come gli OPG si possano integrare con la cultura della
psichiatria post legge 180, infatti difficilmente si integrano in quest'ottica.
Gli OPG rappresentano da un lato il fallimento della psichiatria riformata,
dall'altro sono per essa un vero sollievo: costituiscono infatti la discarica
delle discariche, il luogo dove affossare, internare e poi dimenticare gli
esperimenti falliti della pratica psichiatrica, dell'azione socio-educativa, il
contesto in cui istituzionalizzare i “casi persi”, di fronte ai quali il
professionista alza le braccia e si arrende.
Ma quale soluzione proporre a seguito della chiusura degli
OPG? A mio avviso, in accordo con le più importanti associazioni nazionali
degli operatori della psichiatria, la strategia non è certamente la
regionalizzazione degli stessi, come proposto in passato dal Governo:
l’alternativa agli OPG non può certo
essere la costituzione di “mini-manicomi regionali”. Per abolire definitivamente
gli OPG, terribili residui della logica manicomiale che prevede un trattamento
speciale per i “folli autori di reato”, occorre cambiare il codice penale,
investendo i fondi previsti per la tale infausta trasformazione nel
potenziamento dei servizi di salute mentale delle ASL. Tale pensiero, per me
operatrice, consegue ad un ragionamento molto semplice: se da un anno a questa
parte, sull'onda della prevista chiusura e dell'azione di qualche parlamentare
particolarmente illuminato come Ignazio Marino, sono stati rilasciati circa 100
internati, quali sono le strategie adottate nei loro confronti? Che ne è stato
di loro? Da chi e dove sono curati oggi? A logica e a buon senso, l'eventualità
più probabile è che siano stati presi in carico dai Centri di Salute Mentale di
competenza territoriale. E allora: quanto dovrà continuare ancora la folle, inumana
e antica logica degli OPG?
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