Ciò che manca agli elettori, secondo il modestissimo parere di un
elettore come gli altri
Ogni giorno milioni di italiani
si informano, leggono quotidiani cartacei, sfogliano giornali di ogni tipo nei
bar, sul treno, in ufficio, sulla poltrona di casa. Oltre a settimanali,
mensili e riviste, il panorama informativo nazionale è composto da migliaia di
realtà virtuali come blog, piattaforme partecipative e social media. Le stesse
principali testate del paese, puntano sempre di più sulla versione on-line del
quotidiano ampliando i contenuti, aggiornando costantemente le pagine e
offrendo una serie molto vasta di reportage e rubriche “digitali”. Il fenomeno
sociale che si sta registrando, da alcuni anni a questa parte, è una proficua
informatizzazione della società, almeno di quella occidentale.
Questi rapidi cambiamenti, che si
sono sviluppati in concomitanza con la diffusione dei computer prima, e del web
dopo, hanno largamente influenzato il mondo della politica e delle istituzioni.
Per quanto concerne quest’ultime, numerosi sono i servizi on-line offerti al
cittadino: il web spesso ottimizza tempi e costi ed è potenzialmente rivolto a tutto il popolo. Anche in politica
si è assistito ad una svolta epocale: un movimento di cittadini nato
esclusivamente sulla rete, ha conquistato, attraverso una campagna elettorale
digitale, circa un quarto degli elettori votanti, alle elezioni di febbraio. Il
concetto stesso di divisione dei poteri, sviluppato in tutte le istituzioni
democratiche a partire dalla rivoluzione francese, sembra essere messo in crisi
da una forza ancor più preponderante, un controllo dal basso, che giudica e
necessariamente influisce, in varie misure, sull’operato istituzionale: il
potere dell’informazione.
Il concetto di mass media,
ampiamente criticato e condannato dal M5S in ogni salsa propagandistica, è
stato, nel corso dell’ultimo anno, ampiamente superato. Già alla vigilia delle
elezioni politiche, la “rete”, pur opponendosi con vigore ai tradizionali mezzi
di comunicazione e informazione, come giornali, radio e tv in primis, è andata
assimilandosi a quest’ultimi, rispecchiando nella fattispecie i lati più
negativi. Post, commenti e slogan di una banalità rivoltante, hanno infatti
reso la campagna elettorale sterile nei contenuti e piena di luoghi comuni. Le
chiacchere da bar, una volta racchiuse
nel mero opinionismo di paese, sono entrate nei palazzi e nelle istituzioni che
ora, più che ieri, somigliano ad un teatrino “in streaming”. Accade quindi che
una castronata raccontata dalla parrucchiera, se pubblicata su di un social
network, può acquistare addirittura una valenza politica! Insomma: un post di
un signor nessuno, scritto sul “blog stra-letto”, rende inevitabilmente veri i
contenuti più assurdi, letti da migliaia di persone che a loro volta dicono la
loro in opinioni che hanno come unico denominatore comune: “qualsiasi cosa ne
esca, la rete ha sempre ragione”. Purtroppo tale credenza si è vistosamente diffusa nel nostro paese, rendendo
la situazione politica ancor più tragicomica. Se da un lato si nota una presa
di coscienza rispetto a quella che fu “informazione-spazzatura”, vedi certi
programmi tv o “pseudo-telegiornali”, dall’altro, generalizzando all’italiana, si
considera “fasulla” ogni fonte di informazione tradizionale. Accade quindi un
fatto incredibile: il giornalismo professionista diventa improvvisamente
peggiore del tweet del leader politico o della sintesi di un incontro parlamentare
scritta direttamente su facebook.
Il pensiero che più assilla le
coscienze responsabili è come un italiano qualunque, studioso di storia e
cittadino consapevole, possa accettare che il bancone del bar sia arrivato fino
ai palazzi istituzionali attraverso cinguettii e post di facebook. Con questa
affermazione, non si intende fare “di tutta l’erba un fascio”, come invece
sembra ben riuscire ai movimenti anti-politici. L’intento dell’autore non è
quello di screditare le vantaggiose virtù dell’evoluzione informatica e
informativa, quanto far luce su ciò che pur sembrando esser frutto di una
positiva trasformazione democratica della politica, in realtà nasconde vecchie
concezioni populiste che storicamente hanno fallito. Un esempio? Il modo in cui
viene idolatrato il web dal signor Beppe, non somiglia un pochino a come faceva
Silvio con le tv commerciali? Per fortuna le tv non sono solo spazzatura, così come
il web non è solo tweet e slogan: tante realtà imprenditoriali, in particolare
del panorama giornalistico, hanno saputo trasformarsi sul web, pur conservando
professionalità ed efficienza. Lo stesso blog, per cui l’autore si propone di
scrivere, ha come caposaldo quello di offrire una reportistica sincera, priva
di pregiudizio e a favore di una cittadinanza attiva all’interno della comunità.
L’invito resta comunque quello di
informarsi ed agire garantendo allo stato una costante e viva partecipazione
attiva, nella speranza che al primo
posto vi sia il confronto tra le parti. Il confronto, per definizione, presuppone
dialogo, e il dialogo, può avvenire solo attraverso una iterazione fisica tra
le persone. Il dialogo infatti, essendo la base necessaria con la quale si può
costruire un futuro, non può essere sostituito da nessun’altro mezzo di
comunicazione. Confrontandosi e dialogando si possono ottenere risultati
importanti, risultati che di certo non si raggiungerebbero stando costantemente
attaccati al canale informativo e digitando fino allo stremo opinioni
controverse. Prendiamoci quindi una pausa di riflessione, prediligiamo un’informazione
più autorevole anche se meno puntuale, leggiamo meno ma leggiamo meglio,
andiamo oltre il luogo comune e mettiamo la persona al centro. Magari ci
accorgeremo che una passeggiata in montagna, un giro in bicicletta con amici o
una gita nel bosco, sarà infinitamente più proficua di stare tutto il
pomeriggio davanti al pc tweettando le ultime consultazioni parlamentari.
Francesco Locatelli
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