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giovedì 28 marzo 2013

Una pausa di riflessione politica



Ciò che manca agli elettori, secondo il modestissimo parere di un elettore come gli altri

Ogni giorno milioni di italiani si informano, leggono quotidiani cartacei, sfogliano giornali di ogni tipo nei bar, sul treno, in ufficio, sulla poltrona di casa. Oltre a settimanali, mensili e riviste, il panorama informativo nazionale è composto da migliaia di realtà virtuali come blog, piattaforme partecipative e social media. Le stesse principali testate del paese, puntano sempre di più sulla versione on-line del quotidiano ampliando i contenuti, aggiornando costantemente le pagine e offrendo una serie molto vasta di reportage e rubriche “digitali”. Il fenomeno sociale che si sta registrando, da alcuni anni a questa parte, è una proficua informatizzazione della società, almeno di quella occidentale.

Questi rapidi cambiamenti, che si sono sviluppati in concomitanza con la diffusione dei computer prima, e del web dopo, hanno largamente influenzato il mondo della politica e delle istituzioni. Per quanto concerne quest’ultime, numerosi sono i servizi on-line offerti al cittadino: il web spesso ottimizza tempi e costi ed è potenzialmente  rivolto a tutto il popolo. Anche in politica si è assistito ad una svolta epocale: un movimento di cittadini nato esclusivamente sulla rete, ha conquistato, attraverso una campagna elettorale digitale, circa un quarto degli elettori votanti, alle elezioni di febbraio. Il concetto stesso di divisione dei poteri, sviluppato in tutte le istituzioni democratiche a partire dalla rivoluzione francese, sembra essere messo in crisi da una forza ancor più preponderante, un controllo dal basso, che giudica e necessariamente influisce, in varie misure, sull’operato istituzionale: il potere dell’informazione.

Il concetto di mass media, ampiamente criticato e condannato dal M5S in ogni salsa propagandistica, è stato, nel corso dell’ultimo anno, ampiamente superato. Già alla vigilia delle elezioni politiche, la “rete”, pur opponendosi con vigore ai tradizionali mezzi di comunicazione e informazione, come giornali, radio e tv in primis, è andata assimilandosi a quest’ultimi, rispecchiando nella fattispecie i lati più negativi. Post, commenti e slogan di una banalità rivoltante, hanno infatti reso la campagna elettorale sterile nei contenuti e piena di luoghi comuni. Le chiacchere da bar, una volta  racchiuse nel mero opinionismo di paese, sono entrate nei palazzi e nelle istituzioni che ora, più che ieri, somigliano ad un teatrino “in streaming”. Accade quindi che una castronata raccontata dalla parrucchiera, se pubblicata su di un social network, può acquistare addirittura una valenza politica! Insomma: un post di un signor nessuno, scritto sul “blog stra-letto”, rende inevitabilmente veri i contenuti più assurdi, letti da migliaia di persone che a loro volta dicono la loro in opinioni che hanno come unico denominatore comune: “qualsiasi cosa ne esca, la rete ha sempre ragione”. Purtroppo tale credenza  si è vistosamente diffusa nel nostro paese, rendendo la situazione politica ancor più tragicomica. Se da un lato si nota una presa di coscienza rispetto a quella che fu “informazione-spazzatura”, vedi certi programmi tv o “pseudo-telegiornali”, dall’altro, generalizzando all’italiana, si considera “fasulla” ogni fonte di informazione tradizionale. Accade quindi un fatto incredibile: il giornalismo professionista diventa improvvisamente peggiore del tweet del leader politico o della sintesi di un incontro parlamentare scritta direttamente su facebook.

Il pensiero che più assilla le coscienze responsabili è come un italiano qualunque, studioso di storia e cittadino consapevole, possa accettare che il bancone del bar sia arrivato fino ai palazzi istituzionali attraverso cinguettii e post di facebook. Con questa affermazione, non si intende fare “di tutta l’erba un fascio”, come invece sembra ben riuscire ai movimenti anti-politici. L’intento dell’autore non è quello di screditare le vantaggiose virtù dell’evoluzione informatica e informativa, quanto far luce su ciò che pur sembrando esser frutto di una positiva trasformazione democratica della politica, in realtà nasconde vecchie concezioni populiste che storicamente hanno fallito. Un esempio? Il modo in cui viene idolatrato il web dal signor Beppe, non somiglia un pochino a come faceva Silvio con le tv commerciali? Per fortuna le tv non sono solo spazzatura, così come il web non è solo tweet e slogan: tante realtà imprenditoriali, in particolare del panorama giornalistico, hanno saputo trasformarsi sul web, pur conservando professionalità ed efficienza. Lo stesso blog, per cui l’autore si propone di scrivere, ha come caposaldo quello di offrire una reportistica sincera, priva di pregiudizio e a favore di una cittadinanza attiva all’interno della comunità.

L’invito resta comunque quello di informarsi ed agire garantendo allo stato una costante e viva partecipazione attiva, nella speranza  che al primo posto vi sia il confronto tra le parti. Il confronto, per definizione, presuppone dialogo, e il dialogo, può avvenire solo attraverso una iterazione fisica tra le persone. Il dialogo infatti, essendo la base necessaria con la quale si può costruire un futuro, non può essere sostituito da nessun’altro mezzo di comunicazione. Confrontandosi e dialogando si possono ottenere risultati importanti, risultati che di certo non si raggiungerebbero stando costantemente attaccati al canale informativo e digitando fino allo stremo opinioni controverse. Prendiamoci quindi una pausa di riflessione, prediligiamo un’informazione più autorevole anche se meno puntuale, leggiamo meno ma leggiamo meglio, andiamo oltre il luogo comune e mettiamo la persona al centro. Magari ci accorgeremo che una passeggiata in montagna, un giro in bicicletta con amici o una gita nel bosco, sarà infinitamente più proficua di stare tutto il pomeriggio davanti al pc tweettando le ultime consultazioni parlamentari.

Francesco Locatelli

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