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martedì 9 aprile 2013

Frammenti di un viaggio

di Edoardo Marcarini


Esiste, non lontano da qui, una terra bruna ricca di castelli ed antiche leggende, popolata da mostri succhiasangue ma diversi dai nostri: quelli hanno le ali.
Poca gente va in questa terra, la gran parte ci si ritrova dentro e non vuole o non riesce ad uscirne. Per le strade brulle e piene di buche si muovono piccoli carri guidati da ometti coi baffoni e pochi denti, sui bordi della strada camminano persone che la terra la abitano nel vero senso della parola, ci dormono sopra o sotto.
I bambini sorridono nei loro vestiti colorati e sono grati ai visitatori che li fanno giocare. Fanno coda e ti chiedono l'"avion", finché non ti cadono le braccia li lanci in aria e li riprendi. Rincasi un attimo per il freddo pungente sperando nel tepore della stufa, ma l'odore ti assale le narici e preferisci uscire, giusto perché i bambini non cercano di metterti le mani addosso. Dentro la festa sfolla, un centinaio di persone ballano a ritmi sfrenati musiche a palla, sfoggiando una sessualità e dei comportamenti che la nostra cultura aberra, ma che lì sono normali. I figli imparano dai genitori, anche loro si strusciano sulle donne, allungano le mani e insultano i più piccoli. Qualcuno cerca di intrufolarsi nelle stanze per rubacchiare.
Sono poveri in canna, gli ultimi degli ultimi abbandonati a loro stessi.
I più composti abitano "La Centrale": una casetta costruita da volontari per ospitare ragazzi problematici. Brutta parola. Non è che li relegano, in realtà li salvano perché l'alternativa è accoccolarsi sui marciapiedi e l'inverno non è clemente. Questi ragazzi hanno circa vent'anni, ma ne dimostrano dieci. Fin da bambini soffiano diluente, quello della colla. Costa poco, lo metti in un sacchetto e soffi, il diluente evapora e ti prende la testa, ti uccide i neuroni anestetizzando tutto, la fame, il freddo, il dolore.
Vivevano sulla strada e li hanno salvati, li stanno salvando: la dipendenza da diluente è il loro nemico.

I rumeni vengono spesso identificati con gli zingari, tuttavia non tutti i rumeni sono zingari così come non tutti gli zingari sono rumeni. Certo è che gli zingari vengono spesso identificati, dai rumeni, con la spazzatura.

C'è chi in Romania svolge un lavoro incredibile a servizio della "spazzatura", un "pastore che puzza delle sue pecore" direbbe il Papa, ma non sono sicuro di poter fare nomi, sono invece sicuro che a questa persona non interessano né la fama né l'approvazione della gente. Quello che conta è fare qualcosa, dare una mano, magari diffondere il verbo. A moltissime persone vengono negati i diritti umani (talvolta si cerca di venir loro incontro ma sono loro a farsi indietro, non sono certo santi), generazioni su generazioni sono cresciute in condizioni di salute ed educazione infime. Il primo contatto con questa realtà sbilancia, lascia a bocca aperta l'italiano, forse anche un po' schifato per l'odore e stizzito per i comportamenti. Ma la causa di tutto ciò è la povertà.
La gente non ha tempo di pensare all'amore se muore di fame, la scuola è l'ultimo dei pensieri se tuo figlio  brucia per il freddo. Riemerge l'istinto di sopravvivenza, e con esso in generale la legge del più forte.
Entrare in contatto con quello che molta gente definirebbe degrado ti fa apprezzare enormemente le piccole cose: la pancia piena, il riscaldamento, la salute pubblica. Ma ti lascia un senso di ipocrisia se stai fermo con le mani in mano a godere il tuo ben di Dio.
Chi va in Romania prima o poi ci torna, che sia un nobile per rendersi utile o un poveretto per aiutarsi, questa terra bruna ricca di castelli ed antiche leggende ruba un po' di cuore a tutti coloro che ancora ne hanno.

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