di Dennis Salvetti
Ebbene, visto che oggi non si può inveire contro il clima
(ultimamente, se qualcuno non se ne fosse accorto, almeno qui al nord, è
piovuto di brutto, con tutte le conseguenze idrogeologiche del caso) essendo
apparso una certa stella rispondente al nome di Sole, spandente il suo dolce
tepore, mi tocca buttarmi a pesce su altro argomento scottante e che fa davvero
uscire dai gangheri (per non dire altro). E mi tocca parlare di un problema che
affligge quotidianamente migliaia di lombardi stressati (categoria nella quale
rientro anch’io, purtroppo per me e non solo) e che risponde al nome
(temibilissimo) di Trenord.
Quindi, dopo essere riuscito nell’intento di far
rabbrividire quanti oggi abbiano deciso di rinchiudersi in casa nonostante l’occasione
speciale concessaci da sua calorosa maestosa maestà, passiamo al fattaccio che,
come si dice, ha fatto traboccare la cistifellea.
Era un felice venerdì (il ventiquattro di maggio, mi
pare, e comunque, felice per quanto possa esserlo dopo aver passato una
giornata in università), fin quando mi accinsi a prendere il treno che mi
avrebbe riportato verso casa, in compagnia di altri compagni di università. Per
chi è avvezzo ai trasporti ferroviari (secondo un barbaro termine “pendolare”)
ben sa che l’arrivo di un mezzo è sempre un mezzo miracolo (scusate il giuoco
di parole) e che l’ora di arrivo è sempre un consiglio a presentarsi, poi si
vedrà … premesso questo, si
attendeva il treno discorrendo del più e del meno,
quando oramai è l’ora designata. Ci si ferma, si guarda il tabellone. Niente. Bah.
Saranno gli “accademici” 5 minuti di ritardo. Ma si seguita a non sapere nulla.
E nel frattempo il tempo (e i treni) passano, finché non sovviene il dubbio: “che
ci abbiano gabbati, per Diana?”. Come potete immaginare la risposta è “ovviamente
sì” (altrimenti mi sarei lambicato il cervello in cerca di altro tema). Infatti,
il treno delle 18.09 risulta avente 30 minuti di ritardo, che, per una curiosa
coincidenza, ricalca la frequenza dei treni per Bergamo (almeno nella fascia di
punta), quindi smorzati nell’entusiasmo ci si prepara a rinviare impegni e
quant’altro (in particolare il più importante: la cena). Ma il tempo scorre e
si giunge (e si passano) pure le 18.39 (e magicamente il treno delle 18.09 si trasforma
in quello delle 18.39). E, fessi ed incazzati, si attende inebetiti (e
moccolanti) qualsivoglia avviso da parte
di sua lentezza Trenord, che silenziosa (e inerte) persevera a rimanere. Infine
il tabellone ci illumina: il regionale per Bergamo delle ore 18.39 è in ritardo
di 20 … no, 45 minuti (e qui, a causa mia, una valanga di angeli e beati
vengono scalzati dai loro celesti troni) di ritardo. Il tutto senza che nessuno
sia passato ad avvisare di alcunché gli utenti in attesa di un dannatissimo
treno che li riportasse verso casa.
Quando finalmente giunge il treno (lievemente in orario)
delle 19.09 non si può far altro che rassegnarsi di fronte all’inevitabile: tre
treni di pendolari stipati in uno solo. Tra sorrisi di compatimento con i
compagni di sventura che non lesinano nel cercare, per quanto possibile, di
rendere il meno sconfortevole possibile il viaggio, ci si ritrova “insardinati”
in tutti i centimetri cubici disponibili (e non). E accatastati l’uno sull’altro
si critica rassegnati l’unico imputabile al momento: (la solita) Trenord.
Come può una regione come la “nostra” vantarsi di essere
la migliore, la locomotiva del Paese, quando poi le sue locomotive manco
partono? È colpa di immigrati e terroni in questo caso? C’entra sempre “Roma
ladrona” (dopo esservicisi imbrattate le mani)? Sono davvero tutti e soli
immigrati e terroni che siedono ai vertici di questa sgangherata azienda? Se non
ricordo male è per buona, buonissima parte in mano a Regione Lombardia,
governata dai pidielleghisti da oramai vent’anni. E se è poco criticabile nell’immediata
area milanese, al di fuori di questa ed in particolare ad est dell’Adda non esiste
nulla che si possa dire capillare e funzionale. Gran parte di quest’area (che
ricopre quasi metà della regione e rappresenta una bella fetta di popolazione,
almeno un terzo) è “servita” da unico binario e da scarse aree di interscambio
che obbligano la gente a utilizzare mezzi per lo più privati (anche per una
sorta di refrattarietà ai mezzi pubblici a combustibili fossili, “pieni di negri
e ladri e ladri negri”). E si investono milioni, miliardi di euro in “grandi
opere” dal dubbio interesse pubblico (oltretutto sempre parecchio inquinanti e
inquinate) come BreBeMi (notare che non parte da Brescia, non passa da Bergamo
anche perché era l’obbiettivo del progetto, e non arriva a Milano alla quale è
allacciata da una “bratella”), Pedemontana, le relative allacciature, e, per
fare esempi che fuoriescono dalla Lombardia, il Ponte sullo Stretto e la
contestata TAV in Val di Susa.
Questo è il loro piano per ridurre traffico, inquinamento
e relative conseguenze sanitarie? Asfaltare chilometri e chilometri, spingere
la gente e le aziende ad affidarsi al trasporto su gomma, è davvero l’idea più
intelligente (ed economica) che sia balzata alla mente?
Chiudo perché l’argomento potrebbe rischiare di far
scrivere lunghe ed “inutili” (ma soprattutto passabili di querele per
diffamazione etc.) pagine di critica non solo politica ma anche aziendale,
manager strapagati, ritardi sistematici, infiltrazioni mafiose, tariffe
esagerate (e in costante aumento), disservizi d’ogni genere e disinformazione
dilagante. Nel totale disinteresse per la dignità dei pendolari e di chi lavora
e di chi studia, si va avanti, finché la concorrenza spietata tra treno ed
automobile non costringerà la gente a starsene a casa.
Ah, un'ultima cosa, prosegue in Tribunale a Milano l’azione
di classe promossa da Altroconsumo a causa del caos dello scorso dicembre.
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