di Sara L.
So di replicare nell'argomento
l'articolo pubblicato ieri, ma poco mi importa: sento l'urgenza di dare voce a ciò che mi risuona dentro, nello stesso momento in cui a Genova si stanno svolgendo i funerali di Don Andrea Gallo.
Quando giovedì ho
saputo che Don Gallo era morto ho provato una fitta di dolore e anche
una fitta di rabbia, immediatamente seguite da un moto di tenerezza e
dai ricordi che venivano a galla. Quando se ne và qualcuno che stimi,
è inevitabile esserne addolorati: se, come nel suo caso, è una
persona di cui senti la necessità, allora dentro si fa strada
anche un po' di rabbia: chi ci sarà adesso a portare alla gente la
voce dei ragazzi di San Benedetto? Chi farà da cassa di risonanza
alla frustrazione di chi non ha nulla da perdere, e forse non l'ha
mai avuto, con quel tono paterno e irriverente?
Poi ripenso
all'ultima volta che ti ho visto, e la rabbia scivola via, scansata
dalla dolcezza e dalla forza dei tuoi occhi e della tua voce durante
la chiacchierata fatta insieme. Al termine di una delle serate che
spesso fai in giro per il Paese mi sono voluta fermare a salutarti.
C'era tanta gente e ho dovuto aspettare un bel po': tu eri
stanchissimo, si vedeva... ma non rinunciavi a scambiare due parole
con i presenti. Quando è arrivato il mio turno mi sono seduta accanto
e te, con uno dei tuoi libri in mano: ti ho ringraziato per la
costanza con cui ogni giorno davi voce a chi ha bisogno di ascolto,
di uno sguardo amico. Mi hai guardato e mi hai chiesto “Che lavoro
fai?”, io ti ho risposto “L'assistente sociale”: tu hai posato
la penna e mi hai chiesto chi incontrassi tutti i giorni e cosa ne
pensassi. Quando ti ho parlato dei richiedenti asilo, delle donne
vittime della tratta, dei minori stranieri non accompagnati con cui lavoro
mi hai detto “Beh, allora giochiamo nella stessa squadra”.
Ed è
per questo che, guardando quella bara nelle immagini in tv, mi sento
un po' smarrita, come se la mia squadra avesse perso un grande
giocatore: poi mi scappa un sorriso se penso come avresti
reagito alle parole che il Cardinal Bagnasco ha pronunciato ieri
dicendo che con te aveva un rapporto fraterno... “Ne ha dette tante
di cazzate, il Signore gli perdonerà anche questa!”... questo
avresti detto, con quel tuo fare irrisorio e leggero nei confronti di
“una certa Chiesa”.
“Spesso mi hanno definito abortista.
Io sono solo uno che ha incontrato Gesù e che ha letto sul suo
biglietto da visita: Sono venuto per Servire e non per essere
servito. Mi do da fare per risolvere i problemi che mi trovo ad
affrontare quotidianamente, anche facendo chiasso se necessario.
Problemi che non apprendo dai giornali ma che non ammettono
congetture. Li ho davanti agli occhi, urgenti, palesi, e la mia
soluzione è sempre dettata da una forte presa di coscienza della
realtà. È ovvio che non sono favorevole alla droga o alla
prostituzione, ma davanti all'emergenza la mia unità di strada offre
un presidio ospedaliero: assorbenti, siringhe, preservativi. Ci sono
clienti che si rifiutano di avere rapporti protetti esponendo così
le ragazze, spesso minorenni, al rischio di infezioni e lasciandole
sole a gestire le gravidanze. Il dibattito a distanza è se sia
giusto farle abortire o meno; il nostro compito qui invece è di
aiutarle subito. Se le portiamo inospedale seguiranno un percorso
assistito, altrimenti ci penseranno i protettori con le prorpie
maniere: siccome le donne incinte in strada non guadagnano e non
fanno guadagnare, le prendono a calci nel ventre finchè abortiscono.
Non so se siano più bestie loro o chi, perdendosi in inutili
chiacchiere, gli lascia il tempo di farlo.”
(Don Andrea Gallo, Così in terra
come in cielo)
Grazie Gallo e buona strada... e se
dove stai andando vedi Cristiano, brinda con lui alla nostra!
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