di Sara L.
“Siamo un esercito di sognatori, per
questo siamo invincibili”
La frase del subcomandante ha sempre
campeggiato a grandi lettere sui miei diari di scuola, almeno dai
quindici anni in su. Sognare di tutto per tutti: l’uguaglianza, un
altro modo di fare economia, un altro mondo possibile. Sognare un
poco anche per sé: viaggiare e conoscere il mondo, fare qualcosa di
bello e grande nella vita, tenersi stretti gli amici e l’amore e
crescere con loro, un po’ lottando e un po’ ridendo.
In mezzo a questi sogni si è fatta
strada una delle più imponenti e complesse crisi economiche
generalizzate che il mondo abbia mai conosciuto: cosa sogna adesso
chi come me la crisi l’ha vista scoppiare proprio quando stava
cercando di ritagliarsi il proprio posto nel mondo? Quanto tempo
trovi per sognare se la tua mente è occupata a pensare a che diamine
fare quando tra tre settimane ti scadrà il contratto?
M., 25 anni: assistente alla poltrona e
futura mamma. Sogna di poter crescere i suoi bambini, che nasceranno
a febbraio, in un contesto sufficientemente tranquillo, riuscendo a
barcamenarsi tra i pupi e le richieste di una cooperativa che gran
poco si prende a cuore il momento particolare di vita che sta
vivendo;
S. 25 anni: laureato in architettura e
laureando nella specialistica. Vuole fare il suo lavoro, ma per
emergere lo aspettano tra i 3 e i 6 anni da schiavo, alla mercè del
Dr.-Arch-Ing-Salcaz di turno, per una paga di ben 400 € al mese,
ad esser fortunato.
E. 23 anni: laureata in lettere,
giornalista per un quotidiano locale, insegnante di storia e
geografia in un CFP della Brianza. Sogna di poter ottenere più di
pochi euro e una pacca sulla spalla per un lavoro che fa con impegno
da anni nella redazione del giornale, dove la meritocrazia, forse,
non è una politica molto in voga.
Sara, 25 anni: assistente sociale, alle
prese con un rinnovo di contratto. Sogna di non sentire più il suo nonno che dice
“ma come fai a non sapere cosa starai facendo tra un mese?!”, di
poter lavorare con qualche risorsa strumentale e finanziaria da
spendere: “che i miei bambini devono mangiare anche quando l’ultimo
pacchetto di pasta del pacco del banco alimentare è finito”. Sogna
di poter mettere il tetto di un piccolo bilocale arredato con mobili
usati sopra una relazione che dura da tanto e che spera si mantenga
forte e mai noiosa come oggi e come ieri.
Sara (come, sono sicura, M., S. ed E.) vuole anche sognare che tutti
possano sognare. In questi anni ci hanno insegnato che le cose da
sognare sono: un lavoro stabile, una casa, la sicurezza sociale, la
frequenza dell’indirizzo scolastico scelto… non è vero e non
deve essere così. Quelli non devono essere sogni, devono essere
semplici opportunità… da conquistare con fatica e impegno, certo,
lungi da me l’approccio “tutto è dovuto”, ma non devono essere
chimere, sogni e aspirazioni.
Rivendico il diritto a conquistarmi con
la fatica di ogni giorno il lavoro e la casa e a sognare di andare
più in là.
2 commenti:
"Chi sogna non piglia pesci" si diceva una volta, ora si dice "chi sogna è preso a pesci in faccia";
triste fotografia di un periodo, a suo modo anche creativa, come fotografia; brava Sara!
E' vero: la sicurezza di una casa e di un lavoro non dovrebbe essere la stazione d'arrivo dei sogni, bensì quella di partenza... per poter costruire altro, per sè e per gli altri. La differenza tra vivere e sopravvivere.
Posta un commento