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sabato 22 dicembre 2012

Ho imparato a sognare...cosa?


di Sara L.
“Siamo un esercito di sognatori, per questo siamo invincibili”

La frase del subcomandante ha sempre campeggiato a grandi lettere sui miei diari di scuola, almeno dai quindici anni in su. Sognare di tutto per tutti: l’uguaglianza, un altro modo di fare economia, un altro mondo possibile. Sognare un poco anche per sé: viaggiare e conoscere il mondo, fare qualcosa di bello e grande nella vita, tenersi stretti gli amici e l’amore e crescere con loro, un po’ lottando e un po’ ridendo.
In mezzo a questi sogni si è fatta strada una delle più imponenti e complesse crisi economiche generalizzate che il mondo abbia mai conosciuto: cosa sogna adesso chi come me la crisi l’ha vista scoppiare proprio quando stava cercando di ritagliarsi il proprio posto nel mondo? Quanto tempo trovi per sognare se la tua mente è occupata a pensare a che diamine fare quando tra tre settimane ti scadrà il contratto?

M., 25 anni: assistente alla poltrona e futura mamma. Sogna di poter crescere i suoi bambini, che nasceranno a febbraio, in un contesto sufficientemente tranquillo, riuscendo a barcamenarsi tra i pupi e le richieste di una cooperativa che gran poco si prende a cuore il momento particolare di vita che sta vivendo;

S. 25 anni: laureato in architettura e laureando nella specialistica. Vuole fare il suo lavoro, ma per emergere lo aspettano tra i 3 e i 6 anni da schiavo, alla mercè del Dr.-Arch-Ing-Salcaz di turno, per una paga di ben 400 € al mese, ad esser fortunato.

E. 23 anni: laureata in lettere, giornalista per un quotidiano locale, insegnante di storia e geografia in un CFP della Brianza. Sogna di poter ottenere più di pochi euro e una pacca sulla spalla per un lavoro che fa con impegno da anni nella redazione del giornale, dove la meritocrazia, forse, non è una politica molto in voga.

Sara, 25 anni: assistente sociale, alle prese con un rinnovo di contratto. Sogna di non sentire più il suo nonno che dice “ma come fai a non sapere cosa starai facendo tra un mese?!”, di poter lavorare con qualche risorsa strumentale e finanziaria da spendere: “che i miei bambini devono mangiare anche quando l’ultimo pacchetto di pasta del pacco del banco alimentare è finito”. Sogna di poter mettere il tetto di un piccolo bilocale arredato con mobili usati sopra una relazione che dura da tanto e che spera si mantenga forte e mai noiosa come oggi e come ieri.

Sara (come, sono sicura, M., S. ed E.) vuole anche sognare che tutti possano sognare. In questi anni ci hanno insegnato che le cose da sognare sono: un lavoro stabile, una casa, la sicurezza sociale, la frequenza dell’indirizzo scolastico scelto… non è vero e non deve essere così. Quelli non devono essere sogni, devono essere semplici opportunità… da conquistare con fatica e impegno, certo, lungi da me l’approccio “tutto è dovuto”, ma non devono essere chimere, sogni e aspirazioni.

Rivendico il diritto a conquistarmi con la fatica di ogni giorno il lavoro e la casa e a sognare di andare più in là.






2 commenti:

Vicky Rubini ha detto...

"Chi sogna non piglia pesci" si diceva una volta, ora si dice "chi sogna è preso a pesci in faccia";
triste fotografia di un periodo, a suo modo anche creativa, come fotografia; brava Sara!

Irina Gennaro ha detto...

E' vero: la sicurezza di una casa e di un lavoro non dovrebbe essere la stazione d'arrivo dei sogni, bensì quella di partenza... per poter costruire altro, per sè e per gli altri. La differenza tra vivere e sopravvivere.

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