di Vicky Rubini
“La storia non è magistra / di niente che ci riguardi”
Qualche giorno fa Luigi ci ha proposto un articolo (http://spogliatevi.blogspot.com/2013/04/scegli-il-tuo-presidente_12.html)
sulla scelta del nuovo presidente della
Repubblica (massima carica dello Stato) presentandoci i candidati attuali;
negli stessi giorni stavo scrivendo questo articolo che invece vuole lanciare
uno sguardo sul passato, passando in rassegna i primi undici presidenti che
hanno calcato i corridoi del Quirinale, già luogo simbolico dei sovrani
d’Italia, come sede ufficiale del presidente della Repubblica. Lo strumento di
indagine è stato principalenteil libro di Maurizio Ridolfi, “Storia politica
dell’Italia repubblicana” .
Enrico De Nicola - Fu eletto Capo provvisorio dello Stato dall'Assemblea Costituente
il 28 giugno
1946 e ricoprì tale carica
dal 1º luglio
1946 al 31 dicembre
1947. Il 1º gennaio
1948, a norma della prima disposizione
transitoria della Costituzione, esercitò le attribuzioni
ed assunse il titolo di Presidente della Repubblica, mantenendoli
fino al successivo 11 maggio. (Wikipedia). Al fine discongiurare i
contraccolpi della divisione dell’Italia in due sancita dal voto referendario e
di ricondurre gli elettori monarchici ad un atteggiamento di lealtà verso le
istituzioni repubblicane la scelta di un esperto, garantista e attento alle
forme di potere, come De Nicola (che era di retaggio monarchico e liberale
ndr), riuscì a comporre le distinte propensioni partitiche. (P. Craveri La vocazione arbitrale di Enrico De Nicola,
Marsilio, Venezia 2002). Per sottolineare la propria posizione provvisoria, De Nicola fece sapere prima del
giorno di investitura che avrebbe mantenuto la residenza a Palazzo Giustiniani
(Per la cronaca dell’evento di investitura, sul “Nuovo Corriere della Sera”, 1
Gennaio 1948 cfr. La nuova costituzione
in vigore da stamane);
Luigi Einaudi - Viene
eletto secondo Presidente della Repubblica Italiana
l'11 maggio
1948 (al quarto scrutinio
con 518 voti su 872) resterà in carica fino al 1955. (Per delineare il profilo
presidenziale di Einaudi, riporto un passaggio dell’articolo “ La Repubblica degli Italiani simbolo
dell’unità nazionale”, Il Nuovo Corriere della Sera, 3 Giugno 1948) -
Einaudi stava salendo per la prima volta sull’Altare della Patria come presidente della Repubblica. Migliaia di occhi fissavan oquell’uomo piccol oe magro, in un abito nero di borghese, che faceva un gradino per votla, appoggiandosi al bastone, piegandosi ad ogni passo da una parte, e il confronto con gli altri uomini che nel passato avevano fatto lo stesso itinerario, vestiti di vistose monture, impennacchiati, pettoruti, costellati di decorazioni e di ordini cavallereschi, con sciarpe ed emblemi, non gli era affatto sfavorevole C’era una grandiosità, nella sua modestia, nella sua semplicità, perfino nell’andatura dimessa, una grandiosità patetica e gentile, che lo avvicinava tantoal sentimento dei presenti, ne provocava l’affettuosa simpatia, quanto una figura diversa, con un diverso abito, ne avrebbe forse in quel momento suscitato la freddezza.
Lo stile fu dignitoso di “un’austerita repubblicana” che
sottolineava le istituzioni, più che non il singolo.
Giovanni Gronchi - Il
29 aprile
1955, al quarto scrutinio,
Gronchi venne eletto Presidente della Repubblica con 658 voti
su 883, compresi i suffragi della destra monarchica. (Wikipedia). Gronchi fu
senz’altro iniziatore di quel processo di avvicinamento della figura
presidenziale e politica che avrebbe avuto il suo apice con il populismo degli
anni Novanta e la trash TV di Funari.
Ad ogni modo è bene precisare che quarant’anni prima delle mortadelle (e
mutande) in diretta, lo stile presidenziale di Gronchi fosse ben lungi anche
solo dal sospettare cosa sarebbe successo. Tuttavia Gronchi fece accompagnare
la serietà e la compostezza tradizionali atteggiamenti più disinvolti, in cui
poteva emergere l’umanità del presidente e una disponibilità al sorriso che era
assente nei sovrani di Casa Savoia e sul volto di Einaudi.
Professore di lettere e attento alla memoria nazionale,
Gronchi si rese interprete di un personale modo di promuovere una religione
civile repubblicana [...] attraverso la
commemorazione dei caduti per la patria [...] in cui aveva posto l’esortazione
a considerare eguali, almeno nella morte, i “vincitori” e i “vinti”, cosa che i
contrastanti giudizi morali e politici [...]
non assecondarono, decretandone la messa in sordina.
Antonio Segni - fu
eletto Presidente della Repubblica Italiana
il 6 maggio
1962 al nono scrutinio,
con 443 voti su 842, comprensivi dei consensi del MSI e dei monarchici,
che avevano cominciato a votarlo sin dal terzo scrutinio. (Wikipedia) Si dimise
dalla carica il 6 dicembre del 1964 per motivi di salute.
La sua immagine e la
sua silhouette sono estremamente familiari in tutte le case della penisola. [...]
la grande popolarità del quarto presidente si spiega probabilmente per
l’insieme di questa eleganzaun po’ aristocratica e il suo sorrisobenevolo; il
gentiluomo di Sassari appare come un uomo cortese, che ispira simpatia e
fiducia. [...] Si ritrova la figuara del padre e del gentleman agricoltore che
già aveva caratterizzato l’immagine pubblica di Einaudi. ( A. Giacone La fonction présidentielle en Italie, cit, vol III p. 988)
Giuseppe Saragat
- Il 28 dicembre
del 1964
fu eletto Presidente della Repubblica Italiana
al ventunesimo scrutinio, grazie anche ai voti decisivi dei socialisti e dei
comunisti. (Wikipedia)
“Antifascista già nell’esilio francese, Saragat propose un
peculiare modo di interpretare la fedeltà della Repubblica e una politica della
memoria pubblica nel segno tanto del Risorgimento quanto della Resistenza; un
linguaggio patriottico che si allargava fin oa rappresentare gli anni dello
sviluppo economico come un ‘secondo
Risorgimento industriale’ (Saragat
nel discorso di fine anno 1967)” (M. Ridolfi Ivi, cit pag 93)
In questo senso è interessante ricordare il rinnovamento del
cerimoniale previsto per le celebrazioni istituzionali; dove Einaudi initava e
riceveva tre, quattrocento ospiti, il 2 giugno del 1966 i giardini del
Quirinale ospitarono non solo le autorità italiane ed estere ma anche un
miglaio di lavoratori, per un totale di settemila invitati, secondo le cronache
(Cfr F. Antonioni, Settemila invitati nei
giardini del Quirinale, in “Il Messaggero”, 3 giugno 1966)
Giovanni Leone - Fu
eletto Capo dello Stato il 24 dicembre 1971 al ventitreesimo
scrutinio, con 518 voti su 1008 "grandi elettori". Per il
raggiungimento del quorum richiesto (505), furono determinanti i voti del Movimento Sociale Italiano (i porci ndr)
(Wikipedia)
Leone aveva affermato in più di una circostanzadi concepire il presidente della Repubblica come il
notaio della Repubblica. E con un atteggiamento diametralmente opposto a
quello del predecessore, il capo dello stato
non riuscì ad esercitare un’influenza (negli anni della grande crisi)
che superasse il deficit di patriottismo e di fiducia nell’istituzione repubblicana.
Inoltre, contribuendo
a minare la legittimità già scossa della Repubblica, assunse un ruolo
emblematico la vicenda, un mese dopo l’assassinio del leader dc Aldo Moro
(9 maggio 1978 ndr), delle dimissioni in
cui Leone fu costretto in seguito agli effetti di una martellante campagna stampa
incentrata sullo scandalo Lockheed.
Sandro Pertini -
[...] al 16º scrutinio, l'8 luglio 1978, la convergenza dei tre maggiori partiti politici si
trovò sul nome di Pertini, che fu eletto presidente della Repubblica Italiana
con 832 voti su 995, a tutt'oggi la più ampia maggioranza nella votazione
presidenziale nella storia italiana. (wikipedia)
Egli la (l’umanità
ndr) manifesta recandosi in tutti i
luoghi in cui gli Italiani sono di fronte a emozioni forti, e condivide gioia e
dolore con i cittadini sotto lo sguardo affascinato della stampa. [...]
Infaticabile, Pertini lo è anche nel presenziare e nel portare i lsuo sotegno
alle ittime italiane. [...] la popolarità viene soprattutto dalla sua capacità
di vivere in sintonia con gli italiani e di ritroare il miglior modo di
manifestare questa sintonia. (F. d’Almeida, La politiqueau naturel, cit p 352-353)
Questa Repubblica non
è ancora perfetta, molte cose debbono essere fatte, molte riforme deono essere
fatte, non vi è dubbio su questo punto. Però non dimenticate questo , che
quella Repubblica non c’è stata donata su di un piatto d’argento da qualcuno,
ce la siamo conquistata noi con vent’anni di lotta contro il fascismo e con due
anni di guerra di Liberazione. E questa Repubblica noi abbiamo il dovere di
difenderla perché difendiamo una cosa che è nostra, una conquista che è nostra,
bisogna difenderla. (Cfr, D . Lajolo (a c. di), Pertini e i giovani, Colombo, Milano, 1983)
E visto che m istanno ancora scemando i brividi, riporto un’ultima
frase.
I giovani non hanno
bisogno di prediche, i giovani hanno bisogno, da parte degli anziani, di esempi
di onestà, di coerenza e di altruismo. (Messaggio di fine anno agli
italiani del Presidente Pertini, 31 dicembre 1978).
Francesco Cossiga - Per
la prima volta nella storia repubblicana, l'elezione
avvenne al primo scrutinio, con una larga maggioranza (752 su 977 votanti):
Cossiga ricevette il consenso oltre che della DC anche di PSI, PCI, PRI, PLI, PSDI e Sinistra indipendente. (wikipedia)
Di Cossiga si è detto molto e scritto molto. E’ stato “il
Presidente della gente comune” (G. Barbiellini Amidei, Interivsta con Cossiga a una anno dall’elezione. Parla il presidente
della gente comune, “Corriere della Sera”, 27 giugno 1986), è stato il
“Buffone” (De Mita, Irpino, Fanfani, e poi B. Valli nel suo Io buffone presidente, “La Repubblica”,
13 dicembre 1991), è stato “Cassandra” (come lui stesso si definisce nel suo
libro “ Mi chiamo Cassandra” ) è stato “il Picconatore” . Figura
centrale delle tensioni pre-tangentopoliane, che getta la spugna (forse
cercando di salvare il salvabile, lavando con un colpo di spugna il lavabile)
il 25 aprile 1992 (data non casuale).
“Le dimissioni furono
il fatto più importatne della mia presidenza” racconterà anni dopo il
Picconatore. Il gesto con cui il “buffone” si consegna alla Storia come l’eroe
della ritirata, l’uomo che arretrando porta con sé tutto il sistema. La
Cassandradel Quirinale ha esaurito il suo compito, ma il dramma della
Repubblica è appena all’inizio. Come sa bene Cossiga- “ Lasciandoil Quirinale,
ha casa ho trovato una candela e l’ho
accesa. Poi è venuto il temporale - le candele degli altri si sono spente. La
mia è rimasta accesa” . (M. Damilano, Eutanasia di un Potere, Laterza, Bari,
2012)
Luigi Scalfaro - Il
25 maggio
1992 Scalfaro fu eletto
Capo dello Stato (al sedicesimo scrutinio) con 672 voti, espressi dai
democristiani, dai socialisti, dai socialdemocratici, dai liberali, dal PDS, dai Verdi, dai Radicali e dalla Rete.
La Lega Nord
diede 75 voti al suo candidato Gianfranco
Miglio, il Movimento Sociale 63 voti a Cossiga, mentre Rifondazione Comunista diede 50 voti allo
scrittore Volponi. (Wikipedia)
Nel settennato di
Scalfaro insomma, conun parlamento sciolto poiché delegittimato, il ruolo del
presidente assunse un’oggettiva centralità anche nelle dinamiche governatie,
nella formazione delle compagini (i governi “tecnici” e il “governo del
presidente” con Romano Prodi) e nella gestione delle crisi ( il primo governo
di Silvio Berlusconi) . Era una crisi
di transizione resa ancora più difficile dalla contemporanea necessità di
assicurare all’Italia un ruolo nel processo di integrazione europea, approdato
nel 1998 all’introduzione della moneta unica (non sovrana ndr). ( M. Ridolfi, Ivi p 100)
Carlo Azeglio Ciampi
- Il 13 maggio
1999 venne eletto alla
prima votazione, con una larga maggioranza (707 voti su 1010), decimo
presidente della Repubblica. In questa veste, egli ha cercato di trasmettere
agli italiani quel patriottico sentimento nazionale che deriva dalle imprese
del Risorgimento
e della Resistenza e che si manifesta nell'Inno di Mameli e nella bandiera tricolore.
(Wikipedia)
La presidenza di Ciampi è stata definita bipartisan, incentrata soprattutto sulla
resaturazione del valore nazionale anche e soprattutto dal punto di visto
simbolico (il Tricolore, l’Inno e le diverse declinazioni del concetto di
patria (comunale e regionale, nazionale ed europea).
Giorgio Napolitano - Il
10 maggio
2006 è eletto undicesimo Presidente della Repubblica Italiana
alla quarta votazione con 543 voti su 990 votanti dei 1009 aventi diritto.
(Wikipedia)
Purtroppo non ho trovato fonti o citazioni che mi dessero
un’idea autorevole del settennato di Napolitano, e totalmente inesperto in
materia politica, mi astengo dal dare giudizi personali al suo mandato
presidenziale, nell’attesa che lo faccia qualcuno decisamente più legittimato
di me.
Non a difesa dei suoi errori (o meglio delle manovre che a
mio avviso si sono rivelate fallaci), ma per cercare di riconoscere l’uomo che
è investito dell’autorità presidenziale, non posso che riconoscergli un
settennato decisamente impegnativo (dalle dimissioni di Prodi nel 2007 a quelle
di Berlusconi del 2011).
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