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lunedì 10 giugno 2013

Dedicato

Particolare di Donna alla specchio di P.Picasso
di Francesca Introna
Ci crediamo sempre brave persone. Ma non lo siamo. Ci crediamo uomini e donne nella norma, e quindi corretti, giusti, o al limite giustificati. Ma non lo siamo. Nella nostra vita, sotto ai nostri occhi, succedono cose che tranquillamente tolleriamo, quando non addirittura avalliamo. Ogni lettore adesso starà pensando a qualcosa di diverso, ciascuno in base alla propria sensibilità. Io scrivo in base alla mia, e quello che ho in testa si può chiamare in un modo solo: emarginazione. Per emarginazione qui intendo il comportamento del gruppo che sceglie un suo simile da sacrificare sull’altare del machismo, da bersagliare e deridere, con costanza e crudele determinazione. Può essere il bambino cicciottello, o il ragazzino più tonto degli altri, o quello non troppo simpatico, o perfino uno a caso preso nel mucchio. E quando poi magari la caccia è finita, ed è stata scelta un’altra preda da inseguire, l’individuo, o ciò che ne rimane, cerca di riprendere i brandelli di se stesso sparsi qua e là e di reinserirsi nel contesto sociale. Ma il danno è troppo grave e l’anima rattoppata male, e l’ormai ex capro espiatorio ha solo due strade: o unirsi ai carnefici facendo finta di non sapere cosa vuol dire essere vittima, o chiudersi in un guscio di protezione in cui coltivare da solo la paura degli altri. Alcuni chiamano questa cosa bullismo, ma non è la parola giusta, perché ha il sapore di episodi lontani e conosciuti solo per sentito dire, e abbastanza gravi da finire sui giornali. Quello che sui giornali non si vede è che la pratica dell’emarginazione è molto più diffusa e più sottile di quello che sembra. Un debole da bersagliare c’è in quasi tutti gli insiemi di persone. E soprattutto, per dirla con De Andrè, dietro ogni scemo c’è un villaggio. E possiamo anche provare ad autoassolverci sostenendo che noi no, mai fatto niente del genere, chi io? Uno come me, che vota più a sinistra di marx e che aiuta gli immigrati? Figurati.. ma la vera domanda che dobbiamo farci è: quante volte di fronte alla scena di qualcuno sottoposto al ludibrio pubblico abbiamo alzato la voce per protestare? Quante volte abbiamo scelto di schierarci, non solo intimamente ma pubblicamente, dalla parte della vittima? Quante volte siamo riusciti a soffocare le risatine che le battute cattive e crudeli suscitavano istintivamente in noi? Quante volte ci siamo seduti vicino allo “sfigato” e quante invece vicino al leader?

Io di recente ho rincontrato una delle tante vittime, e quello che ho visto non mi ha fatto piacere. Allora mi sono fatta le domande di cui sopra, e la risposta non mi ha fatto piacere. Questo è il motivo per cui ho scritto questo pezzo. E se volete farmi una critica, e dirmi che ho esagerato, fatelo pure ma non aggrappatevi all'accusa di “buonismo”, sostenendo che tutto questo è normale e che a fare certi discorsi sei solo ipocrita. Il buonismo non esiste. Esiste chi è buono, e chi non lo è. Io sto cercando di scegliere.

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