di Francesca Introna
Jonathan Safran Foer, scrittore americano contemporaneo di origini ebraiche, nel presentare il suo saggio sul veganesimo riporta la vicenda di sua nonna, che durante la II guerra mondiale rifiutava il cibo non kosher (quindi non ammesso dalla religione ebraica), che le avrebbe salvato la vita, sostenendo, a giustificazione della sua ostinazione, che “se niente importa non c’è niente da salvare”.
Molti vedranno in questo aneddoto solo la pazzia di una vecchia signora.Non credo si tratti di questo. Nella storia del rifiuto c’è qualcosa di molto più profondo, di molto più serio. Il problema è evidente: fino a che punto siamo disposti a difendere ciò in cui crediamo? Qual’è, se esiste, il confine tra il rispetto di una regola morale e l’accettazione di una giustificazione sufficiente a violarla? E' sulla base di racconti come quello di Foer che ho grande rispetto della cultura ebraica. Certo, riconosco il fondamentalismo nascosto in certe visioni della vita, e in una sola settimana di soggiorno in Israele ho sentito il peso della convivenza con un pensiero rigido come quello giudaico, ma rimane in me una certa indefinita invidia per un’etica senza compromessi.
Il limite del nostro mondo occidentale è che non sappiamo più in che cosa crediamo veramente, in quali valori ci possiamo riconoscere. In un momento in cui l’europa si sente in bilico tra la salvezza e il baratro, io credo che l’uscita dal tunnel sarà impervia non solo a causa di oggettivi fattori economici e istituzionali, ma anche a causa della mancanza di punti fermi. Eh sì, perché per salvarsi da situazioni critiche servono sempre sacrifici, che noi non saremo in grado di fare finché non sapremo per chi o per cosa li stiamo facendo, e cioè finché non saremo realmente e profondamente convinti che ciò che salviamo vale più di quello che sacrifichiamo. Crediamo nell’ Unione Europea, ma non tanto da rinunciare alla nostra sovranità. Crediamo nel libero mercato e nel denaro, ma non tanto da accettare che chi è economicamente più forte ci sconfigga. Crediamo nel cristianesimo, ma non tanto da frequentare una messa domenicale. Crediamo nell'onestà, ma non tanto da “farci fessi”, come si suol dire. Crediamo nella democrazia, ma non tanto da metterci in gioco personalmente. Crediamo nell'amore eterno, ma solo fino a prova contraria. Mi auguro di riuscire a trovare, nella mia vita, un’idea, un valore, una postura mentale, non barattabile con niente. E mi auguro che la mia generazione riesca a scegliere anche lei un ideale collettivo irrinunciabile.
1 commento:
Migliore di un punto fermo per cui lottare c'è solo un punto fermo giusto, per cui lottare. Grazie per la riflessione.
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