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martedì 23 luglio 2013

To The Wonder [Articolo # 500!]

di Fabio Zoboli
“Chi non compie delle scelte, non può essere perdonato”.
Sembra essere questo il messaggio di Terrence Malick, un regista che già nel precedente The Tree of Life aveva posto le basi per uno stile nuovo e peculiare delle sue pellicole, popolate di immagini più che di azioni, intrise di silenzi più che di dialoghi. E il parallelismo tra l'amore di una coppia e l'amore di Dio verso l'uomo (soprattutto verso chi dovrebbe essere più predisposto ad accoglierlo, come un sacerdote) apre una prospettiva in grado di superare i clichè a cui siamo assuefatti: nessuna relazione è facile e perfetta, come spesso la cinematografia ci lascia credere.
Il piacere, la complicità, la lussuria, anche il rapporto più autentico, nel giro di due anni, come proposto nel film, possono scemare. E come ci insegna la quotidianità non sarà semplicemente una fiamma che si spegne, sarà piuttosto un lento susseguirsi di momenti di riavvicinamento e di incomprensioni, di passione e di litigi, di tenerezza e di indifferenza. Una prospettiva desolante e avvilente, che rende l'uomo un puntino insignificante all'interno di un disegno più grande, spesso incomprensibile. E forse è proprio per questo che il regista dà risalto maggiormente alla Natura, con i suoi paesaggi mozzafiato, le sue albe e tramonti: è grazie a questa carica emotiva che possiamo superare il peso dei silenzi e di inquadrature in cui sembra che la felicità sia effimera e transitoria, pronta a lasciar spazio alla scena successiva in cui di nuovo la solitudine prende il sopravvento.
Il messaggio del cineasta può non essere condiviso e soprattutto non essere compreso a pieno (tanto che, per la prima volta, mi è capitato di vedere uno spettatore abbandonare la sala, visibilmente annoiato, neanche a metà film), ma non lascia indifferenti coloro che provino a riflettere e a lasciarsi trasportare da quella che potrei definire un'eccezionale semeiotica del sentimento più abusato nella storia del cinema: l'Amore. Con la lettera maiuscola perché non si tratta del consueto tentativo macchiettistico delle commedie nostrane o, ancora peggio, hollywoodiane, di descriverlo come sentimento puro, immutabile, facile da raggiungere. L'amore di Malick, e credo di tutti noi, è complicato: nasce grazie a tutta una serie di coincidenze e tasselli che devono combaciare perfettamente, per evitare che la prima scossa di terremoto, il primo colpo di vento, la prima onda sul bagnasciuga, che non aspettano altro che sovvertirlo, siano capaci di farti riconsiderare l'insieme e insinuarti il dubbio che ci siano dei pezzi mancanti.
Per riassumere brevemente la trama, solo abbozzata e volutamente bistrattata dal regista, le due donne con cui ha una relazione il protagonista Neil (Ben Affleck), hanno un passato tutt’altro che semplice: la prima è madre di una figlia di dieci anni, nata da un precedente matrimonio consumatosi precocemente, sia per la giovane età che per la durata della passione; anche la seconda ha lasciato il marito, dedito all'alcolismo e capace solo di scialacquare il patrimonio familiare, e ha ritrovato la serenità solo gettandosi tra le braccia dell’amico d'infanzia. Entrambe sembrano trovare in quest'uomo di poche parole, ma affascinante e premuroso, la soluzione ai loro problemi, che risultano essere però troppo radicati e che si scontrano con la stessa insoddisfazione di Neil che da aspirante scrittore si ritrova a svolgere la mansione di tecnico specializzato in inquinamento ambientale. E come se allo spettatore non bastasse, Malick affonda il colpo anche sulla religione, proponendo la figura di un prete che dispensa parole di saggezza in cui lui stesso non crede più, domandandosi continuamente perché si sia lasciato sfuggire le convinzioni del passato.
Ecco allora che la frase che ho scelto come incipit, tra le tante recitate dalle numerose voci fuori campo dei personaggi nelle rispettive lingue natie (francese, spagnolo, inglese, italiano), assume un significato di speranza: sebbene la ricerca della felicità sia difficile, sebbene l'amore sia controverso, solo chi ha il coraggio di scegliere e impegnarsi ha la possibilità di salvarsi da questo mondo che sentimentalmente è sempre pronto a mettere il proverbiale bastone fra le ruote, a rovinare i momenti migliori, a trasformare ciò che vorremmo fosse immutabile.
Tutto sommato, se a far da sfondo alle vicende umane troviamo una fotografia spettacolare come quella di To the Wonder, perché dovremmo smettere di crederci e lottare, Fino alla Meraviglia?

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