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sabato 5 maggio 2012

SVENDI IL MIO CORPO? TIENITI I TUOI PRODOTTI

di Sara L.


Dopo una due giorni di formazione a tema “la violenza sulle donne”, in cui abbiamo affrontato i temi del maltrattamento in famiglia, del reato di stalking e della violenza sessuale, era inevitabile che proponessi ai lettori di questo blog qualcosa di inerente al tema. Evito per ora di portarvi al centro di uno dei tre argomenti, anche se prevedo di scrivere un prossimo articolo sulla fenomenologia della violenza sessuale; intendo però proporvi un tema che è legato a doppio filo con l'argomento oggetto della formazione, ovvero quale modello di donna viene rappresentato nei media del Bel paese e quali significati esso sottende? 


Da anni, fin da prima della farfallina di Belen (che anche tra i redattori e gli autori di questo blog aveva suscitato un lungo dibattito al tavolo del matrimonio della sorella del nostro “padre fondatore” Francesco Mancin), il dibattito a questo proposito è molto acceso e chiunque ha detto la sua... non riprenderò quindi alcune delle argomentazioni e tematiche più diffuse: “il paternalismo nascosto ma costantemente dilagante in Italia” “l'avallo delle figure più in vista del Paese, Presidente del Consiglio compreso” …

L'assunto di base è il seguente: i media hanno un ruolo di estrema importanza nella trasmissione di informazione, messaggi, immagini e conseguentemente nella formazione di stereotipi, pur se taluni di noi si credono immuni da questa influenza. Per questo motivo la circostanza per cui i programmi televisivi e soprattutto la pubblicità (oggetto di questo approfondimento) propongono un immagine di donna nei fatti degradante, sessista e stereotipata, influenza tutti noi: ad alcuni (pochi) tale influenza porta all'indignazione, alla stragrande maggioranza sorrisetti, occhiate oblique, e via peggiorando.
Sulla rete potete trovare migliaia di immagini di pubblicità più o meno diffuse, attuali o del passato che propongono una rappresentazione della donna che definirei una donna usabile: quale cultura della relazione uomo-donna viene veicolata con un messaggio tipo “te la do gratis? La montatura...” o con la celebre pubblicità censurata di Dolce e Gabbana in cui una donna (elegantissima e bellissima, per carità!) è stesa a terra, immobilizzata da un uomo, con altri quattro figaccioni attorno che guardano come ad attendere il loro turno? Per inciso io questo seconda immagine la chiamo istigazione alla violenza sessuale di gruppo, non pubblicità.

E' indubbio che, vista la situazione, l'Italia è un po' indietro in quel processo di civiltà che ha portato invece la Francia ad adottare una legge che vieta le pubblicità in cui il corpo della donna non sia strettamente legato all'oggetto che si sta sponsorizzando: in altre parole in Francia è ammessa l'immagine del corpo per la pubblicizzazione di una crema idratante, ma non nella pubblicità dei cerchioni di una macchina (noi ce l'abbiamo invece, andatela a cercare...)
Da noi per opporsi e denunciare questa aberrante tendenza  l'Amministrazione di Torino nel 2007 ha realizzato la campagna di boicottaggio Svendi il mio corpo? Tieniti i tuoi prodotti, sul cui sito è possibile denunciare le pubblicità che si ritengono offensive della dignità della donna.

Un'ultima riflessione infine, da donna... se esiste tutto questo anche noi donne ne abbiamo una quota di responsabilità e dunque in qualche modo colludiamo con questa visione: ad alcune di noi fa comodo, dato che ci hanno costruito una carriera, ad altre poco importa... per fortuna molte di noi si indignano. Personalmente trovo bestiale, nel reale senso della parola, che le donne siano rappresentate come immagini il cui aspetto fisico definisca la loro identità, ritengo che alle nostre mamme qualcosa sia sfuggito di mano: se negli anni 70 la minigonna era un modo per affermare la propria identità in opposizione al passaggio da “figlia di” a “moglie di”, oggi l'affermazione della propria femminilità è data per scontata e, forse per questo, svalutata.
Spetta a noi, ventenni e trentenni cresciute da mamme che hanno vissuto un'epoca di cambiamento di cui forse non ci hanno trasmesso l'importanza della fatica, riprenderci la nostra dignità... e questa è un'urgenza girlz... volendo riproporre uno slogan che davvero dobbiamo fare nostro: “se non ora, quando?”

3 commenti:

Francesco Mancin ha detto...

Eccezionale!
Comunque "padre fondatore" suona come Giussani e CL ._.

Sara L ha detto...

volevo evitare "coglionazzo fondatore", suonava troppo fantozziano! ;)

giuditta ha detto...

I nostri stranieri, spesso criticati anche giustamente per la loro cultura "maschilista", sono molto stupiti nel vedere questa immagine della donna nella società "sviluppata" e si chiedono come ciò sia possibile visto che ci definiamo anche credenti. Se ripensassimo insieme un nuovo modello più dignitoso per tutte le donne?

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