di Sara L.
Dopo una due giorni di formazione a
tema “la violenza sulle donne”, in cui abbiamo affrontato i temi
del maltrattamento in famiglia, del reato di stalking e della
violenza sessuale, era inevitabile che proponessi ai lettori di
questo blog qualcosa di inerente al tema. Evito per ora di portarvi
al centro di uno dei tre argomenti, anche se prevedo di scrivere un
prossimo articolo sulla fenomenologia della violenza sessuale;
intendo però proporvi un tema che è legato a doppio filo con
l'argomento oggetto della formazione, ovvero quale modello di donna
viene rappresentato nei media del Bel paese e quali significati esso
sottende?
Da anni, fin da prima della farfallina
di Belen (che anche tra i redattori e gli autori di questo blog aveva
suscitato un lungo dibattito al tavolo del matrimonio della sorella
del nostro “padre fondatore” Francesco Mancin), il dibattito a
questo proposito è molto acceso e chiunque ha detto la sua... non
riprenderò quindi alcune delle argomentazioni e tematiche più
diffuse: “il paternalismo nascosto ma costantemente dilagante in
Italia” “l'avallo delle figure più in vista del Paese,
Presidente del Consiglio compreso” …
L'assunto di base è il seguente: i media hanno
un ruolo di estrema importanza nella trasmissione di informazione,
messaggi, immagini e conseguentemente nella formazione di stereotipi,
pur se taluni di noi si credono immuni da questa influenza. Per
questo motivo la circostanza per cui i programmi televisivi e
soprattutto la pubblicità (oggetto di questo approfondimento)
propongono un immagine di donna nei fatti degradante, sessista e
stereotipata, influenza tutti noi: ad alcuni (pochi) tale influenza
porta all'indignazione, alla stragrande maggioranza sorrisetti,
occhiate oblique, e via peggiorando.
Sulla rete potete trovare migliaia di
immagini di pubblicità più o meno diffuse, attuali o del passato
che propongono una rappresentazione della donna che definirei una
donna usabile: quale cultura della relazione uomo-donna viene
veicolata con un messaggio tipo “te la do gratis? La montatura...”
o con la celebre pubblicità censurata di Dolce e Gabbana in cui una
donna (elegantissima e bellissima, per carità!) è stesa a terra,
immobilizzata da un uomo, con altri quattro figaccioni attorno che
guardano come ad attendere il loro turno? Per inciso io questo
seconda immagine la chiamo istigazione alla violenza sessuale di
gruppo, non pubblicità.
E' indubbio che, vista la situazione,
l'Italia è un po' indietro in quel processo di civiltà che ha
portato invece la Francia ad adottare una legge che vieta le
pubblicità in cui il corpo della donna non sia strettamente legato
all'oggetto che si sta sponsorizzando: in altre parole in Francia è ammessa
l'immagine del corpo per la pubblicizzazione di una crema idratante,
ma non nella pubblicità dei cerchioni di una macchina (noi ce
l'abbiamo invece, andatela a cercare...)
Da noi per opporsi e denunciare questa
aberrante tendenza l'Amministrazione di Torino nel 2007 ha
realizzato la campagna di boicottaggio Svendi il mio corpo? Tieniti i tuoi prodotti, sul cui sito è
possibile denunciare le pubblicità che si ritengono offensive della
dignità della donna.
Un'ultima riflessione infine, da
donna... se esiste tutto questo anche noi donne ne abbiamo una quota
di responsabilità e dunque in qualche modo colludiamo con questa
visione: ad alcune di noi fa comodo, dato che ci hanno costruito una
carriera, ad altre poco importa... per fortuna molte di noi si
indignano. Personalmente trovo bestiale, nel reale senso della
parola, che le donne siano rappresentate come immagini il cui aspetto
fisico definisca la loro identità, ritengo che alle nostre mamme
qualcosa sia sfuggito di mano: se negli anni 70 la minigonna era un
modo per affermare la propria identità in opposizione al passaggio
da “figlia di” a “moglie di”, oggi l'affermazione della
propria femminilità è data per scontata e, forse per questo,
svalutata.
Spetta a noi, ventenni e trentenni
cresciute da mamme che hanno vissuto un'epoca di cambiamento di cui
forse non ci hanno trasmesso l'importanza della fatica, riprenderci
la nostra dignità... e questa è un'urgenza girlz... volendo
riproporre uno slogan che davvero dobbiamo fare nostro: “se non
ora, quando?”
3 commenti:
Eccezionale!
Comunque "padre fondatore" suona come Giussani e CL ._.
volevo evitare "coglionazzo fondatore", suonava troppo fantozziano! ;)
I nostri stranieri, spesso criticati anche giustamente per la loro cultura "maschilista", sono molto stupiti nel vedere questa immagine della donna nella società "sviluppata" e si chiedono come ciò sia possibile visto che ci definiamo anche credenti. Se ripensassimo insieme un nuovo modello più dignitoso per tutte le donne?
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