di Sara L.
Non so voi, ma personalmente la festa
del 2 giugno mi ha sempre suscitato sentimenti contrastanti: un po'
come la bandiera, i simboli istituzionali, l'inno... tutto ciò che
richiama al concetto di Paese, Patria, Italia. Mi sento profondamente
presa in un vortice di gaberiana ambiguità tra il non sentirsi
italiani di fronte alle molte brutture del nostro Paese, ai suoi
difetti, ai suoi sbagli e l'essere fieri di appartenere ad un Paese
che sa anche eccellere in tanto. Non nascondo che molto spesso
prevalga il primo sentimento, che tuttavia reputo sano: solo da una
sana incazzatura verso l'esistente può scaturire la voglia di
lottare per il cambiamento, ma tant'è, ci sono casi in cui non posso
fare a meno di essere orgogliosa del mio Paese natale.
Parafrasando Gaber, quindi...
...io non mi sento italiana quando chi
ha potere e soldi, dai grandi mercati alle piccole realtà, tenta di
comprare le partite, la vittoria politica, la verità giudiziaria,
l'amore di una donna, l'ambiente incontaminato;
… sono fiera e mi vanto di essere italiana
quando genitori, allenatori, capi scout insegnano ai ragazzini a
giocare con lealtà, quando vedo la bella politica dei fatti e non
quella dei proclami, quando la verità emerge nei processi e quando, se questo non avviene, la
Storia proclama la Verità e ne rende Giustizia, quando i cittadini
lottano insieme per le valli, i monti e le acque, che non hanno
prezzo e sono di tutti.
… io non mi sento italiana quando
l'arroganza della mafia uccide, quando la mancanza di lavoro fa
perdere la speranza; io non mi sento italiana quando si respingono le
barche cariche di immigrati, quando si parte per una guerra umanitaria;
… sono fiera e mi vanto di essere italiana
quando ricordo giudici, sindacalisti, preti, cittadini morti per
combattere contro il cancro mafioso... grazie Giovanni Falcone, Paolo
Borsellino, Placido Rizzotto, Don Luigi Ciotti, Don Pino Puglisi,
Peppino Impastato e tutti gli altri...; sono fiera e mi vanto di
esserlo quando i lavoratori si stringono gli uni attorno agli altri
per il diritto di ognuno a “una retribuzione proporzionata alla
quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad
assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa”,
quando vedo i tantissimi colleghi operatori sociali lavorare con gli
stranieri con spirito d'accoglienza e considerandoli risorsa per un
Paese che invecchia e si chiude nei propri orizzonti culturali,
quando si ha il coraggio di dire “io non ci sto”.
… io non mi sento italiana quando ci
si ferma a: “aboliamo le auto blu, abbassiamo gli stipendi ai
politici, le banche sono criminali”, mentre quando qualcuno viene a
toccare i nostri privilegi partono le lamentele, gli attacchi, l'erba
del vicino che è sempre più verde... non mi sento italiana quando
si fa del basso populismo, la retorica degli slogan da "aboliamo la
parata" a “tutti potremmo andare in giro con un'auto elettrica”
e non ci si sofferma un secondo a pensare, ad analizzare, facendosi invece trascinare dagli istinti “di pancia”;
… sono fiera e mi vanto di essere italiana
quando anzichè dare aria alla bocca si fa qualcosa di concreto:
dall'aiutare i vicini con la cantina allagata, a mollare la propria
comoda seggiolina e andare ad aiutare le popolazioni colpite dal
terremoto distribuendo pasti, pulendo le pentole, organizzando
attività estive per i bambini, quando mi accorgo quante persone
dedicano parte del proprio tempo al volontariato, lontani dai flash
dei fotografi, sporcandosi le mani giorno dopo giorno o notte dopo
notte.
… infine io non mi sento italiana
quando l'identità della donna viene fatta coincidere solo con le sue
curve e non con l'integrità del suo essere, quando si viene
condannate per la scelta dell'aborto, ignorando ciò che ci sta
dietro, quando si è costretti ad andare all'estero per avere più
possibilità nell'iter della fecondazione assistita;
… sono fiera e mi vanto di essere italiana
quando le donne si incazzano, lottano, si ribellano, creano, plasmano
il Paese “se non ora, quando?”, quando si rialzano dopo ogni
batosta, quando lavorano, curano i figli, accudiscono i genitori, e
amano profondamente il proprio compagno o la propria compagna, quando anche se bisogna fare centinaia di km per trovare un “bambino in
provetta” (orribile espressione) o per adottarne uno senza famiglia
li fanno di buon grado, con amore, con coraggio...
E voi: quanto non vi sentite italiani e
quando invece siete orgogliosi di esserlo?
Mr. G. la pensava così...
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