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mercoledì 13 giugno 2012

Perché dire NO al Semipresidenzialismo!

di Dennis Salvetti
 Questo mio articolo è un appassionato (e probabilmente lungo), nonché ponderato (spero, perché ha necessitato di parecchio tempo e molte modifiche!), attacco alla demagogia e al populismo mascherati da democrazia, e cioè la proposta del segretario del PdL di una riforma Semi-presidenzialistica della Costituzione.
È recente, infatti, la proposta di Alfano, di riformare la Costituzione del nostro Paese in senso di trasformarlo da sistema parlamentare a semipresidenzialistico “alla francese”. A parte il fatto che alla costituzione del governo era stato contestata la sua intenzione di introdurre alcune importanti riforme (ad esempio giustizia, legge elettorale, Parlamento, etc), sostenendo che l’esecutivo e la rimanenza della legislatura sarebbero servite solamente a far uscire dalla crisi l’Italia (cosa che usualmente si fa con lo schiocco delle dita), lasciando invece alla legislatura seguente (legittimata dal Popolo) le cosiddette riforme istituzionali (che tanto incidono sull’economia e sulle finanze del Paese, tra l’altro).
Ma, in ogni caso, vedendo ove giunge la proposta, appare ben chiaro che, dopo i fallimenti dei “lodi Schifani ed Alfano”, si tenta una via diversa (e un po’ meno palese) per evitare al sig. B. le forche caudine della Magistratura Penale (forche caudine che più volte in questi anni l’hanno graziato, anche per l’intervento del legislatore, modificando l’ordinamento giudiziario e penale, sempre per salvare culo, faccia e portafoglio del “Grande Perseguitato”), in quanto l’ufficio di Presidente della Repubblica non è soggetto a procedimento fino a fine mandato. In più bisogna considerare che il Presidente della Repubblica rappresenta la Nazione tutta.
 Che razza di Paese rappresenta il sig. B.? Forse il paese della faciloneria, dell’insulto e della sessualità spinta all’eccesso? Che serietà ha una persona che da vent’anni parla a vanvera, ritratta, scherza e ride con (e di) tutto e tutti, lamentandosi di “battutine” male interpretate (da ultima la proposta di stampare moneta autonomamente, ad esempio come non ricordare la Repubblica di Weimar?), che attacca i “comunisti mangia bambini” i “coglioni che votano Prodi”, etc? Che nello sfacelo del suo partito viaggia in “Grande Madre Russia” casa del grande amico Putin per un’importante festa (l’ennesima investitura dell’amico che ci vende il gas), godendo del fatto che gli è stato riservato un posto d’onore “dietro le first ladies”? Davvero meritiamo di essere rappresentati da un simile personaggio? Io spero di no …
 Ma tornando al discorso principale, sorvolando sulle motivazioni reali e malamente celate della modifica costituzionale (l’anno prossimo ricordo che si elegge il Presidente della Repubblica), bisogna un attimo chiedersi chi è e cosa simboleggia il Presidente della Repubblica nel nostro ordinamento.
Innanzitutto è eleggibile Presidente qualsiasi cittadino avente almeno cinquant’anni  che goda dei diritti civili e politici; poi è stabilita l’incompatibilità della carica con qualsiasi altra. Per incompatibilità bisogna intendere che un soggetto non può cumulare più di una funzione per volta, questo al fine di “assicurare l’imparziale esercizio delle funzioni elettive” a fronte di possibili conflitti di interessi (cit. “Diritto Costituzionale” di R. Bin e G. Pitruzzella, Giappichelli Editore - Torino). All’articolo 87 della Costituzione al primo comma si trova questa dicitura: “Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale.”, che intende rafforzare la posizione di soggetto superpartes e di equilibrio nel sistema costituzionale dei poteri, che già emerge dalla particolarità dell’elezione: ossia il Parlamento in seduta comune (quindi i due rami parlamentari si riuniscono assieme per votare tramite scrutinio segreto) integrato con l’aggiunta di tre delegati per Regione (eccetto la Valle d’Aosta che ne ha uno), di modo che rappresentino le minoranze, con la necessità di un’ampia maggioranza (2/3 dell’assemblea o comunque la maggioranza degli aventi diritto al voto, dopo il terzo scrutinio).
È stato detto da più studiosi che il Capo dello Stato funziona come una fisarmonica. Il senso di questa similitudine sta nel fatto che il Presidente fa quello che la politica gli lascia fare, cioè, in sostanza, quando il Parlamento e il Governo sono solidi e godono di “buona salute” l’intervento del Capo dello Stato è di mero osservatore ed equilibratore del sistema. Mentre in situazioni di crisi (come quella che stiamo vivendo e che venne vissuta già agli inizi degli anni ‘90) il suo ruolo si “espande” e verso il Presidente si spostano decisioni politiche molto rilevanti. Di qui si deve capire la profonda ignoranza giuridica di molti che hanno criticato l’operato di Napolitano al momento di nominare Monti a novembre. Questo ruolo variabile del Presidente dovrebbe, infatti, permettere al nostro sistema costituzionale di adattarsi a qualsiasi situazione, lasciando SEMPRE e COMUNQUE l’ultima parola al Parlamento: infatti, qualora la suprema carica arrivasse a nominare una figura, come Monti, “al di fuori della politica” alla guida dell’esecutivo, c’è SEMPRE (e questo val bene ricordarlo a TUTTI, giuristi o politici o meno) il vaglio del detentore del potere legislativo, che può invece “preferire” per un ritorno alle urne (quindi il fatto che ci sia il governo Monti oggi è imputabile alla debolezza dei partiti forse intimoriti da una consultazione, data la profondissima sfiducia del corpo elettorale).
Optare per l’elezione popolare di una figura così importante  e complessa del nostro sistema costituzionale, senza prevedere gli opportuni controbilanciamenti, significa: 1) ignorare la complessità che sta dietro alle parole della Costituzione 2) fare demagogia (“che bello sarebbe se la massima carica venisse eletta dai cittadini?” “Portiamo al popolo una decisione finora presa dalla casta …” belle parole non è vero?).
Certamente molti contestano il fatto che il rappresentante “supremo” della Nazione sia eletto “dalla casta” e non dai cittadini. Perché dovremmo lasciare questa importante figura ai politici? Anch’io ho pensato alla possibilità di farlo eleggere dal Popolo tanto importante nella nostra Costituzione. Ma sono giunto ad una diversa conclusione …
 Il Presidente della Repubblica in sostanza (così com’è almeno fino ad ora) è il perno dell’equilibrio tra i poteri, infatti, in qualche maniera, ha a che fare con tutti: è eletto dai rappresentanti del Popolo, nomina ufficialmente i governi e ne firma gli atti, infine fa parte del Consiglio Superiore della Magistratura. Tutto ciò è frutto dei compromessi e delle battaglie portate avanti in Assemblea Costituente da tutti i partiti che hanno optato per una simile regolamentazione di questa figura a tutela delle minoranze e delle opposizioni. Questo elemento di tutela è riscontrabile in molte disposizioni costituzionali, il tutto perché dai dc ai comunisti, nessuno era sicuro di vincere le elezioni, quindi serviva moderare il peso della maggioranza onde evitare colpi di mano (e di potere), poiché la società era profondamente divisa, lacerata (la guerra civile non era un’ipotesi lontana allora).
Un frutto dell’equilibrio tra forze politiche e sociali dunque. Che senso avrebbe avere in una posizione così delicata un altro esponente della maggioranza? Anche se non fosse conforme alla maggioranza parlamentare o governativa, sarebbe comunque un rappresentante di una maggioranza, non di un Paese. Ponendo il Presidente della Repubblica a capo dei circuiti politico-amministrativi (in sostanza, nel governo) si farebbero crollare tutti gli equilibri faticosamente costruiti dai Padri e dalle Madri (!) Costituenti. Che senso avrebbe far nominare ad un Capo dello Stato, facente parte della maggioranza, un terzo dei giudici costituzionali, quando già un terzo è scelto dal Parlamento dove rilevante è la maggioranza stessa? Che senso avrebbe avere a capo del Consiglio Superiore della Magistratura un esponente del governo, quando costituzionalmente la Magistratura è organo indipendente (ed è giusto che sia così, se si vuole evitare un altro Ventennio)? Tanto più che esistono già gli esponenti cd. laici e cioè eletti dal Parlamento dove (ancora) peso rilevante ha la maggioranza. Infine perderebbe significato l’istituto della controfirma, che serve ad assicurare validità formale e sostanziale degli atti presidenziali (è una sorta di doppio controllo: il Presidente sugli atti dell’esecutivo, il Governo sul Presidente).


Se serve rendere più democratico l’ufficio del Presidente della Repubblica, ben venga, ma si cerchi di operare in altri modi: ad esempio modificando la maggioranza necessaria per eleggerlo. O aumentando i delegati regionali. O aprendo l’elezione anche al CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, che rappresenta lavoro, volontariato, insomma la cultura economica, giuridica e lavoristica). Ma che non si venga meno alla democraticità di un’Istituzione con la scusa della voce del popolo. Vox populi non è vox dei! È scritto anche al secondo comma del primo articolo della Costituzione: “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”.

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