di Aurora Boninelli
Pubblico una testimonianza di una donna, Malika Yacout, pubblicata sulla rivista mensile di Emergency.
Questa donna chiede giustizia da sette anni al Tribunale di Firenze, ma ha ricevuto solo sentenze di archiviazione, anche se ha subìto un abuso gravissimo, con tragiche conseguenze per la bambina che portava in grembo.
"Nel 2004 mi è piovuto addosso un ordine di sfratto. Avevo una figlia piccola e il marito in Marocco, dov'era tornato per cercare di vendere delle proprietà e ricavarne i soldi che ci servivano.
La richiesta di sfratto diventa esecutiva in tempi record, pochi mesi, troppo pochi per trovare i soldi e un altro alloggio. Quando arriva l'ufficiale giudiziario sono in condizioni disastrose: incinta di cinque mesi e costretta a letto per una minaccia d'aborto, con l'altra bimba ricoverata in ospedale per un malore.
Accolgo lo squadrone dello sfratto con i certificati medici in mano e supplico il proprietario di concedermi almeno un mese di proroga, ma è irremovibile. Lo sono anch'io: resto a letto, dico loro che il mio bambino è in pericolo e mi rifiuto di uscire di casa.
L'ufficiale giudiziario non batte ciglio: invoca un Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) urgente e chiede al medico presente di sedarmi. Nonostante le urla e i miei NO, il dottore mi inietta due farmaci: Largactil, neurolettico-antipsicotico, e Ferganesse, un antistaminico, entrambi molto pericolosi per il feto. Eppure me li somministrano senza remore, pur avendo di fronte una donna sana di mente e per di più incinta, e in un batter d'occhio mi ritrovo nel reparto dell'ospedale di Santa Maria Nuova. Il mio ricovero non viene neppure convalidato, come vuole la legge, dal dirigente medico del reparto.
La legge 180 del '78 infatti, dato che il TSO è un trattamento limitativo della libertà personale, impone parametri molto ristretti: occorre una patologia psichiatrica conclamata o in atto, la richiesta di un medico va controfirmata da un sanitario di una struttura pubblica, dopodichè va trasmessa al sindaco, che deve emettere un'ordinanza da inoltrare all'autorità giudiziaria, che deve convalidarla.
Niente di questo iter viene rispettato nel mio caso: sono stata privata dei miei diritti e della mia libertà personale.
E che dire di mia figlia? Zara è nata con una grave encefalopatia, causata da quei veleni che mi hanno somministrato! Allora mi chiedo, perchè si rifiutano di ascoltarmi in tribunale? Ho presentato querela due volte, e due volte me l'hanno rifiutata, senza le dovute indagini.
La mia è una storia che dovrebbe allertare le coscienze. Una situazione economico-finanziaria difficile può capitare a tutti, ma la dignità e i diritti delle persone devono essere inviolabili.
Basta impunità."
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