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mercoledì 25 aprile 2012

CineRubrica: "La Nostra Vita"

di Fabio Zoboli
Il titolo magari non vi dirà molto, il regista Daniele Lucchetti (La scuola, Mio fratello è figlio unico) forse un po’ di più, ma il protagonista sicuramente dovrete ricordarvelo: il “solito” Elio Germano, il quale per la pellicola si aggiudica il premio alla migliore interpretazione maschile al Festival di Cannes 2010. E scusate se è poco, dato che l’ultimo italiano ad averlo vinto fu un certo Marcello Mastroianni, nel lontano 1987. Anche la cerimonia di premiazione ha lasciato il segno, soprattutto per la vivace polemica che le parole di Germano avevano suscitato nella precedente maggioranza parlamentare:
“Siccome i nostri governanti in Italia rimproverano sempre, al cinema, di parlare male della nostra nazione, io volevo dedicare questo premio all'Italia e agli italiani, che fanno di tutto per rendere l'Italia un paese migliore nonostante la loro classe dirigente”



Un film che parla d’Italia, quindi, in modo particolare di Roma e del mondo dell’edilizia, ma soprattutto un film che parla di vita: la moglie del protagonista la perde durante il parto del terzo figlio, il guardiano rumeno del cantiere viene trovato morto... Starete pensando: “macchè vita, che film allegro!”. Invece queste due circostanze tragiche innescano nei vari personaggi reazioni diverse ma tutte tese al superamento del lutto e alla capacità di ricominciare a vivere, con le ovvie difficoltà del caso; e la bravura di Germano si apprezza appunto nella rappresentazione della quotidianità lavorativa, segnata dalla sofferenza interiore, di un padre trentenne che vuole e deve voltare pagina.
Non entro nel merito dei personaggi secondari (Raoul Bova e Luca Zingaretti, forse non azzeccatissimi) e della trama (e se state pensando che tanto vi ho già rovinato il finale, vi sbagliate, perché le due morti sono il motore iniziale di tutte le vicende, non la conclusione!); mi viene spontaneo però il parallelismo con un altro film sul tema della scomparsa, ossia La stanza del figlio di Nanni Moretti. Anche in questo caso un’opera cinematografica premiata a Cannes, nel 2001, dove però il tema della perdita di un figlio schiaccia e distrugge gli equilibri di una famiglia, con una prospettiva decisamente più angosciante. Personalmente ho preferito invece l’approccio de La nostra vita, che coinvolge maggiormente lo spettatore nelle vicissitudini dei personaggi e soprattutto propone un punto di vista più ottimista circa la possibilità, pur difficile, del superamento di un simile trauma; e la chiave di lettura è racchiusa nelle parole della canzone leit-motiv della pellicola: “E la vita continua anche senza di noi […] Perché col tempo cambia tutto lo sai,
cambiamo anche noi” (Anima fragile, Vasco Rossi).

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