di Andrea Fasolini
Dopo il 1929,un solo granitico dictat guidò la politica economica della neaonata repubblica di Weimar:austerità incondizionata.Ciò che decretò il successo del nazionalsocialismo non fu l'inflazione galoppante,nè tanto meno il diffuso revanscismo tra la popolazione tedesca;bensì,l'enorme massa di disoccupati,figli di una politica economica miope e dispotica.Ciò che oggi temono molti economisti è che la Germania possa non aver imparato la lezione.I continui richiami di Berlino alla periferia"spendacciona" dell'euro-zona da una parte,e il guinzaglio corto lasciato a Francoforte dall'altra,evidenziano la totale mancanza di leadership del paese chiamato a guidare un'Europa ormai allo stremo.Per questo i mercati hanno gradito la nomina di Mario Draghi alla presidenza della Banca Centrale Europea,sostituendo un esausto e sempre più teutonico Jean-Claude Trichet.Diversamente dal proprio predecessore,l'ennesimo super Mario "Made in Italy"promise,sin dalla propria nomina,una politica monetaria più accomodante,non escludendo interventi diretti di stimolo all'economia.Le sue parole
trovarono dure condanne da parte del nord Europa,geografico ed economico,che dallo scoppio della crisi ha energicamente escluso ogni forma di condivisione del debito,esigendo,in cambio di aiuti economici,riforme strutturali da parte dell'Europa mediterranea.Tuttavia,le prospettive economiche a livello mondiale non sono rassicuranti:gli USA arrancano,la Cina rallenta e il Giappone è in deficit commerciale per la prima volta da oltre trent'anni,a causa delle aumentate importazioni di petrolio,necessarie per sostituire l'energia fornita dalle centrali nucleari ormai in fase di spegnimento.
In questo scenario,le scelte della BCE,ormai campo di battaglia tra l'ortodossa Bundesbank e il resto d'Europa,saranno fondamentali:Mario Draghi ha affermato a più riprese che"Sarà fatto tutto ciò che è necessario per salvare la moneta unica",nonostante continuino i veti di Berlino.Tuttavia,dopo mesi di delusioni,il 6 settembre qualcosa sembra esssere cambiato:in una conferenza,il presidente dell'istituto di Francoforte ha annunciato che il Consiglio direttivo della BCE ha votato,quasi all'unanimità,un ambizioso piano di intervento senza limiti.Nonostante l'euforia dei mercati finanziari,è necessario contestualizzare le parole di Draghi: non porsi limiti "ex ante" non equivale a dire senza limiti.Ovviamente a breve termine dovremo aspettarci una BCE più indipendente,ma ancora teutonica: non sono state infatti chiarite le modalità d'intervento né le condizioni necessarie ai singoli stati per accedere a tali risorse.Proprio su quest'aspetto si giocherà il futuro politico dell'Europa,ormai di fronte ad un bivio.Se verrà perseguita la strada dell'integrazione, l'euro-zona necesssiterà presto di una banca centrale dotata di ampi poteri, nonchè di un'unione bancaria supervisionata da Bruxelles e Francoforte.Affinchè tale percorso vada a buon fine saranno necessari sacrifici condivisi: gli stati meno virtuosi dovranno continuare una dolorosa, quanto necessaria, serie di riforme strutturali; mentre i paesi nordici,s pecialmente la Germania, dovranno sopportare un possibile aumento della tanto temuta inflazione.
trovarono dure condanne da parte del nord Europa,geografico ed economico,che dallo scoppio della crisi ha energicamente escluso ogni forma di condivisione del debito,esigendo,in cambio di aiuti economici,riforme strutturali da parte dell'Europa mediterranea.Tuttavia,le prospettive economiche a livello mondiale non sono rassicuranti:gli USA arrancano,la Cina rallenta e il Giappone è in deficit commerciale per la prima volta da oltre trent'anni,a causa delle aumentate importazioni di petrolio,necessarie per sostituire l'energia fornita dalle centrali nucleari ormai in fase di spegnimento.
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