di Francesco Mancin
dedicato agli aventi diritto ed agli amanti degli anglicismi
Mario Monti, intervistato pochi giorni fa, in merito alla domanda su che veste, che carattere avrebbe assunto da leader o da premier rispondeva che l'essenza dell'essere leader andava ricercata nella radice etimologica del verbo To Lead,guidare. E come non dar ragione a chi, come lui, vede nel carisma e nella determinazione le caratteristiche più importanti del politico vincente. Già nell'antica Roma il Dictator si doveva distinguere per capacità oratorie, politiche e strategiche, doveva ben districarsi tra i poteri sotterranei dei palazzi e dei senati e doveva guidare il popolo, per una durata di sei mesi o un anno, fuori dalla situazione di emergenza che aveva decretato l'urgenza di chiamarlo. Insomma un Monti, un eroico esperto che, bravo ma scomodo, esposto troppo perché si potesse conservare, doveva poi andarsene e rilasciare la scena ai due consoli.
Finché il popolo si stancò di consoli e senatori e fu così che nacque il grande Impero. Una lunga età di Leaders più o meno sconclusionati, più io meno competenti, più, ma soprattutto sempre meno capaci di guidare con potere e con vigore.
Guida chi è o vuole essere padrone, chi si sente in grado di farlo o chi si vuole riscattare, chi non si affida ma diffida, chi si circonda di gerarchi, chi pensa di poter cambiare tutto, subito, e senza faticose e lente consultazioni.
Ma l'inglese, l'amata lingua passepartout nasconde dietro al to Lead il to Deal: il gestire, il trattare, il deal with, l'affrontare.
Colui che gestisce è chi sa farsi carico del già presente che innanzitutto vuole si conservi e che non degradi, è chi sa affidarsi perché affronta la "sconfortante" condizione umana del limite, quello che ti induce a cercare l'aiuto e il confronto.
Chi gestisce non guida,non sta davanti (e dietro vien la corte), ma sta in prima fila con tutti e con loro lavora.
Chi gestisce è perché spesso sono stati gli altri a riconoscergli un ruolo, un valore aggiunto. Chi guida si è imposto o ha sgomitato approfittando dei subdoli strumenti del SoFare o della disperazione demagogica.
Chi crede in Deal sa che dovrà Affrontare la realtà e dovrà farlo nel modo più democratico possibile, perché nel gestire c'è il fare giorno per giorno in modo diplomatico e ahimè spesso compromissorio, nel guidare c'è la speranza della meta senza il progetto del percorso.
Chi guida e fallisce o si annulla o annulla e si sostituisce ai suoi sudditi, chi gestisce e fallisce riflette con i suoi uguali sulle ragioni e le colpe del fallimento.
In chimica il Lead è il piombo, in politica economica il Deal è la riforma. Make a Lead, fare un patto, trovare un accordo.
Il leader è quello di un sistema elettorale che non lascia scelta e scampo, è quello del bipolarismo bipartitico, è quello degli accordi bi-partisan, è quello a cui sui tira la giacchetta. Chi affronta, chi fa gli accordi, chi tratta, chi si sporca le mani è chi ha capito che il futuro è fatto dal Deal In, coinvolgere, far partecipare.
Domani,visto che le liste ti bloccano, almeno, scegli chi sa azzardare, scegli chi sa cambiare indirizzo, scegli un Dealer.
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