di Andrea Fasolini
In un periodo caratterizzato da pressanti slogan elettorali, in vista delle elezioni legislative del 24 febbraio, le posizioni prevalenti, in campo ecomico, dei presunti primi tre partiti sono riassumibili in poche righe. Secondo il Pdl è necessario restituire liquidità alle famiglie, partendo dalla restituzione della tanto contestata IMU, e abbassare le tasse, restando però molto vago sulle modalità di reperimento delle risorse necessarie. Il Pd inneggia alla giustizia sociale, promettendo di abbassare le tasse, specialmente ai ceti medio-bassi, tassando i grandi capitali e inasprendo la lotta contro l'evasione fiscale, oltre ad altre proposte di evidente matrice populista. A proposito di ciò, anche il M5s non è da meno: costituzione di una banca centrale con a capo il Presidente della Repubblica, rinegoziazione del debito e riduzione delle ore lavorative a 20 la settimana, in modo che tutti possano lavorare, sono i capisaldi del suo inenarrabile programma economico.Ciò che accomuna i tre partiti è un miscuglio di populismo e genericità programmatica, fatta ad hoc per gli sventurati abitati di questa penisola. Esistono tuttavia proposte non convenzionali, portate avanti dal movimento “Fare per fermare il declino”, creato e sostenuto da economisti italiani con cattedra nelle più prestigiose università del mondo. Propongo ora la parte del programma inerente le questioni economiche. Tuttavia, per evidenti problematiche logistiche, l'intero programma non è riportabile. Propongo quindi la parte inerente l'abbattimento del debito pubblico, lasciando agli interessati il link del sito ufficiale del movimento, dove trovare informazioni in materia di istruzione, lotta alla corruzione, giustizia e spesa pubblica.
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Per fermare il declino italiano, occorre almeno
portare il debito pubblico al di sotto del 100% del prodotto interno lordo
(Pil), tagliare la spesa pubblica di 6 punti percentuali in proporzione al Pil,
e abbassare la pressione fiscale di 5 punti. Questi obiettivi sono
raggiungibili realisticamente nell'arco di una legislatura.
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In particolare, tagliando debito e spesa nelle
misura indicate, la riduzione delle imposte è sostenibile senza compromettere
l'equilibrio di finanza pubblica. La riduzione del debito dovrebbe anche
tradursi in una riduzione dei tassi di interesse sul debito stesso, rafforzando
così il raggiungimento dell'obiettivo di tagliare la spesa.
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In due articoli pubblicati sul blog
noisefroamerika.org (‘Un altro rapporto debito/PIL è possibile’, (1)
e (2))
si mostra che questi obiettivi sono realisticamente raggiungibili prendendo a
riferimento, per esempio, le previsioni del Fondo monetario internazionale
sulle principali variabili macroeconomiche.
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Nella simulazione non si tiene conto
dell'effetto pro-crescita della riduzione del debito, quindi l'analisi
rappresenta molto probabilmente una sottostima dei risultati raggiungibili
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La domanda principale, a questo punto, è se e
come sia possibile ridurre il debito pubblico, pari oggi a quasi 2000 miliardi
di euro, cioè il 126% del Pil;
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L'obiettivo è attuare, nel periodo 2013-2018,
una politica di dismissioni di asset pubblici che generi un gettito dell'ordine
dei 35 miliardi di euro/anno;
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Tale obiettivo è realisticamente raggiungibile
purché le privatizzazioni interessino tutti gli asset (sia mobiliari sia
immobiliari) e siano condotte con criteri trasparenti;
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Per quel che riguarda il patrimonio immobiliare:
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il patrimonio pubblico alienabile viene stimato
in modo conservativo nel range 72-420 miliardi di euro: la differenza dipende
dall'inclusione o meno di immobili attualmente occupati ma tecnicamente
vendibili;
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una stima realistica del gettito ottenibile sta
nel mezzo e può essere fissata nell'ordine di 150-250 miliardi di euro;
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vi sono tuttavia delle difficoltà legate al
fatto che la proprietà della maggior parte degli immobili è in mano a enti
locali, che difficilmente possono essere costretti a vendere;
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per questo stimiamo che, nell'orizzonte di tempo
considerato, siano raccoglibili 105 miliardi di euro;
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sono cruciali le modalità di privatizzazione:
per ridurre i cattivi incentivi e aumentare la trasparenza, si suggerisce la
costituzione di fondi chiusi, omogenei al loro interno, la cui gestione viene
affidata a terzi selezionati attraverso gara pubblica.
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Altri 15 miliardi possono essere raccolti
valorizzando meglio le concessioni dello Stato.
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Gli ultimi 90 miliardi possono essere trovati
attraverso la vendita delle società partecipate dal Tesoro (direttamente o
attraverso la Cassa depositi e prestiti), in particolare quelle più appetibili
quali:
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le società quotate in borsa (Eni, Enel, Terna,
Snam, Finmeccanica, e una piccola partecipazione in StMicroelectronics);
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le maggiori società non quotate (Poste, Ferrovie
dello Stato Italiane, Rai, Inail, Sace, Fintecna, eccetera);
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Le società partecipate dagli enti locali non
vengono qui considerate ma anch'esse rappresentano una potenziale fonte di
gettito da destinare all'abbattimento del debito;
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Va precisato che in alcuni casi può essere
necessario procedere preventivamente o a forme di riorganizzazione aziendale
(per esempio il breakup
di alcune conglomerate quali Ferrovie e Poste) o alla piena liberalizzazione
dei relativi mercati (postale, ferroviario, assicurazione sul lavoro,
radiotelevisivo,...), o a entrambe le cose.
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In conclusione, raggiungere un rapporto debito /
Pil inferiore al 100% è possibile, senza fare ipotesi eroiche, nell'arco di una
legislatura;
Il principale strumento per
raggiungere tale obiettivo è una seria politica di privatizzazioni e
dismissioni.
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