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domenica 27 maggio 2012

Camerun, la vita del bananero


Penja, regione di Moungo, Camerun

Distese di colline, rese fertili dalle origini vulcaniche e dal clima tropicale, da cui si può scorgere il golfo di Guinea, nell' oceano Atlantico. Lungo queste colline, di enorme spessore naturalistico, lavora la maggior parte dei 46 mila "operai" impiegati nel mercato delle banane. Condizioni di lavoro insostenibili, salari insufficienti e diritti sociali calpestati: sono questi i tratti di una delle principali piantagioni di banane dell'Africa centrale, sfruttata in maniera intensiva dalla Cdc ( Cameroon development corporation) socità semi-pubblica ereditata dai tempi dell colonizzazione e dalle Php, multinazionale francese che controlola il 50% del mercato della "plantation".


La giornata tipo di un bananero comincia alle 4. Le piantagioni attirano centinaia di lavoratori da tutte le zone limitrofe, da Penja fino a Douala, capoluogo della regione. L'assenza di strade e la mancanza di mezzi di trasporto costrige i camerunesi a percorrere distanze di più di due ore per raggiungere la coltura. Dopo l'immane sforzo del viaggio, la giornata lavorativa dura dalle 6 alle 18, ma può prolungarsi fino alle 22 (senza alcuna retribuzione per gli straordinari), con meno di un'ora di pausa.
Numerose sono le pratica disumane e illecite perpetuate, come lo spargimento per via aerea di fungicidi mentre i lavoratori sono all'opera.
Per non parlare delle condizione sanitari: fogne a cielo aperto con poche latrine per centinaia di persone e assenza di precauzioni e misure di protezione.
Anche il trattamento economico è irrisorio e al limite della sopravvivenza. La retribuzione media è di circa 23 mila franchi corrispondenti a 30 euro. Inoltre, se uno di questi bananeri volesse affitare una stanza, messa a disposizione del Cdc, dovrebbe sborsare esattemente la metà del compenso mensile (cr 15 euro), a cui si aggiungerebbero forfait mensili per luce elettrica e acqua potabile.
Alcuni lavoratori, per cercare di mogliorare le precarie condizioni, hanno cercato di organizzarsi creando un sindacato: la "Fako Agricultural Workers Union (Fawu)". Nonostante la grande adesione dei bananeri, l'associazione non ha sortito effetti significativi, specialmente per la chiusura totale da parte della Php (Plantations du Haut Penja) la quale ha costituito un ulteriore sindacato interno di sua dipendenza.

"Garantire un salario più umano ai dipendenti della Php e dlle Cdc non graverebbe, se non marginalmente, sul prezzo delle banane nei nostri supermercati. La manodopera, infatti, costituisce lo 0,07% del costo finale del prodotto.
Un paio di centesimi in più, pagati nel Nord del mondo, potrebbero cambiare radicalmente la vita di decine di migliaia di persone."


Per chi volesse approfondire la questine, da me sommariamente raccontata, consiglio di vedere il documentario "La Banane" di Franck Bieleu.

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