di Dennis Salvetti
La temuta (almeno da me) modifica della Costituzione è iniziata. Dopo la deliberazione del Consiglio dei Ministri (in data 6 giugno) il
disegno di legge del governo è stato presentato e approvato (nonostante le
perplessità sollevate) dal Senato. Questo atto contiene l’istituzione (in
completo spregio degli articoli 72 e 138 della Costituzione) di un “Comitato
per le riforme costituzionali”, una riproposizione della commissione
bicamerale, che andrà a comporsi di venti senatori ed altrettanti deputati scelti
secondo questi criteri: appartenenza alle Commissioni Affari costituzionali delle due Camere (sono membri di diritto i rispettivi presidenti), consistenza dei gruppi
parlamentari, voti ottenuti da liste e coalizioni, almeno un rappresentante per
gruppo e almeno un rappresentante delle minoranze linguistiche.
Questo Comitato opererà in sede referente, ossia
provvederà a preparare articolo per articolo il testo finale da presentare alle
assemblee (il tutto entro 4 mesi dalla prima seduta del Comitato, presentazione
degli emendamenti compresa), che passeranno poi a discuterlo nei modi consueti,
o quasi, infatti ci sarà sempre la doppia lettura ma, diversamente da quanto
previsto dall’art. 138, dovrà passare tra la prima lettura e l’altra un mese
(contro i tre costituzionalmente previsti), inoltre l’esame di una e dell’altra
Camera non dovrà durare più di tre mesi, per realizzare l’ambizioso (nonché
rilevantissimo) progetto costituzionale. Per questi motivi verranno applicate
le norme del ddl, del regolamento della Camera, con la previsione della
possibilità di modificare il procedimento da parte del Comitato (in ragione di
motivi puramente acceleratori). Avrà competenza a modificare i titoli I
(Parlamento), II (Presidente della Repubblica), III (Governo) e V (Regioni,
Province e Comuni) della seconda parte della Costituzione, nonché la legge elettorale.
A parte la discutibilità di una legge costituzionale che
va SOLO a derogare al procedimento di modifica costituzionale previsto dall’art.
138 (procedimento per altro tra i meno ostici tra tutte le costituzioni liberaldemocratiche
moderne), rinforzato dal richiamo di cui all’art. 72 comma 4 (“La procedura
normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata
per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale […]”), questa
legge costituzionale (perché di ciò si tratta nei fatti) costituisce un
pericoloso precedente, infatti nulla vieta che qualcuno in futuro decida di modificare la Costituzione tramite l’istituzione di Comitati siffatti. Ad aumentare
il puzzo di incostituzionalità è l’istituzione presso la Presidenza del Consiglio,
di una “Convenzione per le riforme costituzionali” che provvederà a fornire “indirizzi”
e “pareri” (“Al fine di sottrarre la
discussione sulla riforma della Carta fondamentale alle fisiologiche
contrapposizioni del dibattito contingente, sarebbe bene che il Parlamento
adottasse le sue decisioni sulla base delle proposte formulate da una
Convenzione, aperta alla partecipazione anche di autorevoli esperti non parlamentari
e che parta dai risultati della attività parlamentare della scorsa legislatura
e dalle conclusioni del Comitato di saggi istituito dal Presidente della
Repubblica.” discorso di Letta per la fiducia al governo).
Per una più approfondita analisi lascio spazio all’articolo
del dott. Carlo Ripicavoli.
(Per chi ne fosse interessato ecco il link del
Senato sul ddl 813).
La
Commissione Affari Costituzionali del Senato ha avviato l’esame del disegno di
legge costituzionale, approvato dal Governo il 6 giugno 2013, che propone
l’istituzione di un Comitato parlamentare per le riforme costituzionali.
Contestualmente
il Presidente del Consiglio, con proprio decreto, ha scelto i 35 componenti
della commissione per le riforme costituzionali, che si è insediata il 12
giugno, e nominato un comitato per la redazione del rapporto finale.
Il d.d.l.
disciplina un procedimento legislativo speciale per l’esame dei progetti di
revisione costituzionale e di riforma dei sistemi elettorali, con l’obiettivo
di favorire il compimento entro 18 mesi del processo riformatore.
Sul testo
sono già stati fissati i termini per la presentazione degli emendamenti che
scadono alle ore 19 di giovedì 20 giugno.
Il Comitato
E’ composto
da venti senatori e venti deputati nominati dai presidenti delle Camere e scelti tra i membri delle
commissioni permanenti per gli Affari Costituzionali rispettivamente del Senato
e della Camera.
Ne faranno
parte di diritto i presidenti delle predette Commissioni.
La nomina
dei componenti del Comitato avverrà su designazione dei Gruppi parlamentari
delle due Camere seguendo i seguenti criteri:
- in base alla consistenza numerica dei Gruppi;
- in base al numero di voti conseguiti dalle liste e dalle coalizioni di liste ad essi riconducibili;
- assicurando almeno un rappresentante per ogni Gruppo e un rappresentante delle minoranze linguistiche.
Il
procedimento in sede referente, disciplinato dai commi da 3 a 7 dell’articolo
2, presenta alcune peculiarità ed è così articolato:
- la fase referente dell’esame dei progetti di revisione costituzionale, nonché di quelli ordinari in materia elettorale, anziché svolgersi in due momenti distinti nei due rami del Parlamento presso le competenti Commissioni permanenti, è affidata a un unico organo bicamerale, ossia il Comitato;
- quest’ultimo osserva nei propri lavori le norme di procedura previste dal disegno di legge e, in quanto compatibili, le disposizioni del regolamento della Camera. Il Comitato può tuttavia, a maggioranza assoluta dei componenti, adottare ulteriori norme per il proprio funzionamento e per lo svolgimento dei lavori, fermo restando che non è in ogni caso ammessa in sede referente la presentazione di questioni pregiudiziali, sospensive e di non passaggio agli articoli;
- al fine di favorire la più ampia partecipazione parlamentare al procedimento di formazione dei testi legislativi, si dispone che, conclusosi l’esame preliminare dei progetti di legge assegnati, il Comitato trasmetta ai Presidenti delle Camere i testi dei progetti legge, ovvero i testi unificati, adottati come base per il seguito dell’esame; entro termini fissati d’intesa tra i Presidenti delle Camere, ciascun senatore o deputato e il Governo possono presentare alle Presidenze delle Camere emendamenti su ciascuno dei predetti testi;
- il Comitato si pronuncia sugli emendamenti presentati nei termini necessari ad assicurare che i progetti di legge di revisione costituzionale siano trasmessi ai Presidenti delle Camere, ai fini dell’avvio dell’esame da parte delle Assemblee, entro quattro mesi dalla sua prima seduta;
- ai fini del rispetto della suddetta scadenza, il disegno di legge prevede che il Comitato assegni un termine per la presentazione delle relazioni e un termine entro il quale pervenire alla votazione finale; inoltre, per le medesime finalità, la Presidenza del Comitato ha facoltà di ripartire, se necessario, il tempo disponibile secondo le norme del regolamento della Camera dei deputati relative all’organizzazione dei lavori e delle sedute dell’Assemblea;
- anche nel caso in cui, entro il predetto termine di quattro mesi, per uno o più progetti di legge costituzionale non si pervenga all’approvazione, per evitare l’arrestarsi del procedimento si prevede che il Comitato sia comunque tenuto a trasmettere un progetto di legge fra quelli assegnati, nel testo eventualmente emendato dal Comitato stesso;
- per quanto concerne i progetti di legge in materia elettorale si applicano procedure analoghe, salvo la precisazione che i Presidenti delle Camere stabiliscono, d’intesa tra loro, i termini di conclusione dell’esame, in coerenza con i termini di esame fissati dal disegno di legge per i progetti di legge costituzionale;
- in ogni caso, i progetti di legge costituzionale od ordinaria esaminati dal Comitato sono sottoposti all’esame delle Camere corredati di relazioni illustrative e di eventuali relazioni di minoranza.
Le
competenze
Il Comitato
dovrà esaminare i progetti di revisione dei Titoli I, II, III e V della parte
Seconda della Costituzione, presentati alle Camere a partire dall’inizio della legislatura e fino
alla data di conclusione dei lavori del Comitato, che riguardano le materie
della forma di Stato, della forma di Governo e del bicameralismo.
Saranno i
presidenti di Senato e Camera ad assegnare al Comitato i disegni e le proposte
di legge perché vengano esaminati in sede referente.
Una volta
completato l’esame della proposta di legge, il Comitato trasmetterà ai
Presidenti delle Camere i progetti di legge costituzionale, corredati di
relazioni illustrative e di eventuali relazioni di minoranza. Per la votazione
dei testi nelle assemblee si osserveranno le norme dei rispettivi regolamenti.
Il
cronoprogramma
Tra gli
aspetti più significativi del disegno di legge vi è la definizione di una
precisa scansione temporale delle principali fasi dei lavori parlamentari
relativi ai progetti di legge di costituzionale, i quali, ai sensi di quanto
disposto dall’articolo 4, dovranno essere organizzati in modo tale da
assicurarne la conclusione entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore
delle norme previste dal disegno di legge.
A tal fine,
terminato entro i primi quattro mesi l’esame in sede referente da parte del
Comitato, si prevede che in prima deliberazione l’Assemblea della Camera che
procede per prima all’iscrizione del progetto di legge costituzionale
all’ordine del giorno debba concluderne l’esame entro il termine di tre mesi.
Il progetto
di legge approvato è quindi trasmesso all’altra Camera, che deve concluderne
l’esame entro i successivi tre mesi.
A questo
punto del procedimento, il compito di fissare le scadenze per la conclusione
delle ulteriori fasi dell’esame delle Assemblee è rimesso ai Presidenti delle
Camere, che procedono d’intesa tra loro al fine di rispettare il predetto
termine conclusivo di diciotto mesi.
Anche i
termini per il completamento dell’esame dei progetti di legge ordinaria in
materia elettorale sono stabiliti d’intesa dai Presidenti delle Camere, in
coerenza con i termini di esame dei progetti di legge costituzionale.
In analogia
con l’ordinario procedimento di revisione, sono infine previste due successive
deliberazioni sul progetto o i progetti di riforma costituzionale da parte
della stessa Camera, a un intervallo minimo l’una dall’altra che viene ridotto
da tre a un mese, fermo restando che per la validità della seconda
deliberazione è richiesto il quorum della maggioranza assoluta dei
componenti di ciascuna Camera e che, ai sensi dell’articolo 5 del disegno di
legge, il referendum popolare potrà essere richiesto anche qualora la
legge o leggi costituzionali fossero approvate con la maggioranza dei due
terzi.
Osservazioni
L’iter di
riforma costituzionale, così delineato, suscita perplessità di metodo e di
merito, in quanto, senza plausibili ragioni, intende discostarsi dall’art. 138
sia soprattutto per le esperienze precedenti.
Gli esiti
sono stati infatti sempre negativi ogni qual volta si è istituito un organismo
costituzionalmente non previsto, come nel caso della Commissione Bozzi, della
Commissione D’Alema, del Comitato Speroni, della Commissione De Mita – Iotti.
L’attivismo
della Presidenza della Repubblica ed il ruolo centrale del Governo, in un ipotetico
processo di riforma sostanziale della Costituzione, pongono seri interrogativi
sul ruolo del Parlamento.
Non è chiaro
fino in fondo il ruolo della commissione per le riforme costituzionali,
insediata presso la Presidenza del Consiglio. Sicuramente positivo affidarsi a
illustri costituzionalisti, anche di opinioni dichiaratamente diverse, data
l’importanza fondamentale della riforma costituzionale
Ma si tratta
di una commissione di studio o di consulenza qualificata che, eventualmente,
avrebbe trovato la sua sede naturale presso la Presidenza delle Camere e non
presso il Governo, che, addirittura, tramite il Presidente del Consiglio o il
Ministro per le Riforme, la presiede e ne coordina i lavori.
Ma ciò che
non convince fino in fondo è la scelta del Governo di proporre al Parlamento un
disegno di legge costituzionale, che, derogando alla procedura prevista
dall’art. 138 della Costituzione nonché alla disciplina speciale per le leggi
costituzionali contenuta nei regolamenti parlamentari, delinea un procedimento
speciale di riforma.
Queste le
deroghe principali alla procedura:
- E’ prevista un’unica fase referente dell’esame dei progetti di revisione costituzionale, che, anziché svolgersi in due momenti distinti nei due rami del Parlamento presso le competenti Commissioni permanenti, è affidata a un unico organo bicamerale, ossia il Comitato;
- L’intervallo minimo per la seconda deliberazione è ridotto ad un mese;
- Viene dettagliatamente disciplinata la modalità di esame in aula, compresa la fissazione dei termini per gli emendamenti;
- E’ fissata, come abbiamo visto prima, una tempistica rigida per la conclusione dell’iter di revisione costituzionale così sintetizzabile:
- Entro un mese dall’entrata in vigore della legge costituzionale deve insediarsi il Comitato;
- Entro quattro mesi dall’insediamento, il Comitato trasmette i progetti di riforma approvati in sede referente;
- Entro tre mesi dalla trasmissione da parte del Comitato, la Camera, che procede per prima, deve concludere l’esame;
- Entro i tre mesi successiva l’altra Camera deve concludere l’esame;
- Si passa quindi alla seconda deliberazione, con un intervallo minimo ridotto ad un mese;
- Nei tre mesi successivi all’approvazione finale può essere richiesto il referendum.
Sono
numerosi i dubbi su tale procedura così rigidamente disciplinata con norma di
rango costituzionale che è volta ad ingabbiare i lavori parlamentari entro
termini inderogabili.
Una
procedura rigida che denota una sfiducia nella capacità del Parlamento di
procedere alla riforme. E’ sufficiente ricordare al riguardo quanto affermato
dal Presidente del Consiglio Letta nel discorso in Parlamento sul quale è
stata votata la fiducia: “Al fine di sottrarre la discussione sulla riforma della
Carta fondamentale alle fisiologiche contrapposizioni del dibattito
contingente, sarebbe bene che il Parlamento adottasse le sue decisioni sulla
base delle proposte formulate da una Convenzione, aperta alla partecipazione
anche di autorevoli esperti non parlamentari e che parta dai risultati della
attività parlamentare della scorsa legislatura e dalle conclusioni del Comitato
di saggi istituito dal Presidente della Repubblica. La Convenzione deve poter
avviare subito i propri lavori sulla base degli atti di indirizzo del
Parlamento, in attesa che le procedure per un provvedimento Costituzionale
possano compiersi. Dal momento che questa volta l’unico sbocco possibile per
questo tema è il successo nell’approvazione delle riforme che il paese aspetta
da troppo tempo, fra 18 mesi verificherò se il progetto sarà avviato verso un
porto sicuro”.
Ma sono
tante le questioni aperte.
Cosa accade
se uno dei termini non viene rispettato?
Se, ad
esempio, una delle Camere non procede all’approvazione entro i tre mesi
previsti dall’art. 4 comma 3, del disegno di legge costituzionale, la
deliberazione parlamentare è incostituzionale?
Chi e
in che modo potrà far valere il vizio insanabile di incostituzionalità?
In
quest’ultimo caso dovrà procedersi secondo l’iter ordinario, sancito dall’art.
138 della Costituzione e dai regolamenti Parlamentari, non potendo più seguire
l’iter speciale previsto dal d.d.l. costituzionale voluto dal Governo, se
approvato secondo l’attuale testo?
Cosa accade
se dopo la prima approvazione da parte di una delle Camere, la seconda Camera
approva il testo con modificazioni? Quali termini dovranno applicarsi?
Dal testo
predisposto si dà per acquisita una prima deliberazione conforme da parte di
entrambi i rami del Parlamento, ma una tale supposizione appare evidentemente
in conflitto con il nostro attuale sistema parlamentare.
Gli stessi
termini e modalità valgono anche per “i progetti di legge ordinaria di riforma
dei sistemi elettorali” previsti dall’art. 2, comma 1, il cui esame deve
concludersi entro diciotto mesi come previsto dall’art. 4, comma 5?
Tanti dubbi.
Perché
dunque non seguire la via maestra già prevista dall’art. 138 della
Costituzione?
1 commento:
Rileggendo quanto ho scritto, mi rendo conto di aver lasciato un'inesattezza che mina la comprensione dei fatti, ossia che il Senato non ha approvato il ddl (come si evince dal testo), bensì una procedura acceleratoria prevista dal Regolamento del Senato (procedura d'urgenza ex art. 77, come invece emerge dal link al sito del Senato).
Inoltre ho constatato che al testo in questione può essere mossa un'altra obiezione: il fatto che per istituire il Comitato si utilizzi (ovviamente) la procedura ordinaria di revisione costituzionale, che serve ad istituire una procedura acceleratoria (i cui dubbi sono stati espressi sopra).
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