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martedì 29 luglio 2014

Will the Eurozone survive?





                                                              di Andrea Fasolini


Part I
 
During the last European campaign, we discussed much about the Union, and not enough about the Euro. Despite the results, which confirm the PPE and the PES as the main parties of the European parliament, the Euro’s problems are far to be solved. 
Thanks to the relatively low interest rates and to the global economic recovery, everyone in Europe seems forgetting about the 2011 financial crisis that involved the Eurozone. 
Unfortunately, the euro is still a huge problem for the recovery of the European economy and for the world trade in general. Let us try to understand why. A currency is nothing too different from a common consumption good: it has a price, which is driven by the law of demand and supply. So, if you want to buy American goods, for example, you have to buy dollars, in exchange for euros. In this case, you are demanding dollars and offering euros.
If many people acted like you, the price of the dollars would rise (demand exceeds supply). Simply, you will need more euros to buy the same amount of dollars. This process is called appreciation. The reversal process is the depreciation. 
These mechanisms are essential to preserve an economic equilibrium between different countries.   
In fact, if we bought too many goods and services from the USA, we would buy less in Italy and our unemployment rate would rise. A flexible exchange rate is crucial in the modern economy for another reason. When different countries have heterogeneous growth rates, their inflation grows differently. 
Inflation is an increase of costs. Let us see what happen with a fixed exchange rate.

Image two countries: country A and country B. Those countries are identical: same institutions, history, economy etc. In some moment, country A starts to grow faster thanks to rich oil reserves just discovered. While country B, grows at the same rate.

 

Let us assume that the inflation gap is only 0.7. Since the inflation growth is calculated by this formula Pt-1(1+It), after 15 years the inflation gap would be of 10%. If you take a look at the graph, you can easily see the gap between the two countries. 
This gap is completely due to a different growth rate. 
Basically, after 15 years the product prices of country A are 10% higher than the ones of country B. 
The effect? Everybody will buy less goods and services fabricated in country A. This is what happen with a fixed exchange rate. Let us assume that county A decided to depreciate its currency in order to way out of this problem. 
As you can see, thanks to the depreciation, its costs are now equal to those of country B.

 

Depreciations are common in the world. Except made for The Eurozone. 
Basically, the Euro is a fixed exchange rateDuring the last decade, countries, such as Greece and Spain, have grown faster than country such as Germany. 
Growing rapidly, those countries have created more inflation than the others. The graph well explained the results. Greek’s costs are now almost 50% higher than German’s ones. What are the implications? We will discuss about that in the next paper.









sabato 19 aprile 2014

Il mio viaggio a Macondo



17/04/2014, si spegne a Città del Messico lo scrittore colombiano Gabriel Garcia Marquez, premio Nobel per la letteratura nel 1982. Maggiore esponente del realismo magico, autore che con romanzi del calibro di "Cent'anni di solitudine", "L'amore ai tempi del colera" o "Cronaca di una morte annunciata" ha rilanciato la letteratura latina. Autore estremamente umano ed intimo, a parer mio, nelle cui parole tutti possono trovare un pezzetto di sè.

Anche Baricco lo commemora, con parole certamente più delicate

http://triskel182.wordpress.com/2014/04/19/il-mio-viaggio-a-macondo-dove-si-balla-con-gabo-alessandro-baricco/

Leggere per non dimenticare

lunedì 14 aprile 2014

I Gigli del Campo


di Francesca Introna

Giobbe il giusto, messo alla prova da Dio con grandi sventure, ebbe modo di dialogare con il suo Signore, con colui a cui addossava la responsabilità del suo dolore. Di fronte alle accuse di aver dilaniato un innocente e di far prosperare gli empi, la divinità risponde con arroganza, rimproverando all’uomo la sua ignoranza in materia di vita e di universo.

Dov'eri tu quand'io ponevo le fondamenta della terra?
Dillo, se hai tanta intelligenza!
Chi ha fissato le sue dimensioni, se lo sai,
o chi ha teso su di essa la misura?
Dove sono fissate le sue basi
o chi ha posto la sua pietra angolare,
mentre gioivano in coro le stelle del mattino
e plaudivano tutti i figli di Dio?” (Giob, 38:4-7)

“Forse per il tuo senno si alza in volo lo sparviero
e spiega le ali verso il sud?
O al tuo comando l'aquila s'innalza
e pone il suo nido sulle alture?” (Giob, 39: 26-27)

A questo sfoggio di potenza, che si srotola per ottanta versi, Giobbe si arrende subito, ammette la sua inferiorità e tace.
E allo stesso modo Abramo si accontenta della supremazia espressa e dimostrata più volte da Jahvè, e non gli domanda spiegazioni per il sacrificio del figlio, che non si compirà ma che egli è pronto a eseguire. Non contesta, non chiede ragione.
E nessuno, nella folla, si permette di far notare a Gesù che la promessa fatta sulla montagna non trovava riscontro nella vita quotidiana degli uomini.

"E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.” (Mt, 6:28-33)

Beati loro. Beato il giusto dell’antico testamento a cui basta intravedere la potenza dell’ignoto per rimettere al creatore il giudizio sulla sua stessa esistenza, sul suo dolore, sulla morte dei suoi figli. E beate le folle adoranti, che prestano ascolto solo ai miracoli del Figlio di Dio e non anche alle sue irreali parole.

Il tema del rapporto tra fede e dolore non si ferma ovviamente alle sacre scritture, ma pervade la letteratura di tutti i tempi. Potrei fare milioni di esempi, ma in realtà preferisco citare solo uno dei miei autori più cari: Alessandro Baricco. In quello che è forse il suo libro meno conosciuto e più intimo, “Emmaus”, descrive la vita di quattro adolescenti per bene, rigidamente educati e radicati nella fede cattolica, nel momento in cui vengono travolti da una tragedia. Questa è la risposta che si danno:

"Più di ogni inclinazione morale, e nel rovescio di tutte le dottrine, ciò che abbiamo ricevuto nella nostra formazione religiosa è stato innanzitutto un modello formale- un modello ossessivamente ripetuto nella violenza delle immagini che ci raccontavano la buona novella. La stessa unità folle della Vergine madre dimora nell’estasi dei martiri, e in ogni apocalisse che è all’inizio dei tempi, e nel mistero dei demoni, che erano angeli. Nel modo più alto, e carogna, dimora nell’icona ultima e definitiva, quella del Cristo inchiodato sulla croce – ricomposizione di vertiginosi estremi, padre figlio spirito santo, in un unico cadavere, che è dio e non lo è. Dell’aporia per eccellenza abbiamo fatto un feticcio – siamo gli unici che adorano un dio morto. E allora come potevamo non imparare, innanzitutto, questa capacità di impossibile -  e l’ambizione a colmare qualsiasi distanza? Così, mentre ci insegnavano la retta via, noi già eravamo ragnatele di sentieri, e ovunque era la nostra meta.  Ci hanno taciuto che era così difficile. Quindi tracciamo madonne imperfette, sorpresi di non trovare al termine quegli occhi vuoti -ma invece dolore e rimorso. Per questo ci feriamo, e moriamo. Ma è solo questione di pazienza. Di esercizio.”


Questo articolo non ha nessuna pretesa di completezza, o di bellezza. È solo un tentativo di dare spunti a chi, come me, si è posto il problema di dare un senso alla fede.

martedì 8 aprile 2014

Gun-lies


di Andrea Fasolini

Since I was born, I have been told that guns are bad things. Surely they are. Why do people keep shooting each other since everyone lives only once? The humankind is definitely the most unintelligible race on earth. However, I have also been told that nations that have a high number of guns per capita are, in some way, “worst” than the European ones.
People keep saying that these societies are violent and that if we allowed our citizen to own guns , the democracy would be in danger. I have never been that sure about this. Now I am going to explain why. First, a clarification is necessary. I do not own guns; neither do I think that we should turn the world in some kind of Old West. I am just trying to understand with you if there are evidences of a connection between a high number of guns in a country, and the explosion of violence in its society.
Surely, we agree that the easiest country to talk about is the United States: this country has the highest number of guns per 100 residents of the world. Almost ninety guns every one-hundred citizens. Almost every month our media report on a shooting somewhere in the Us, and every time the message is “See what happen if you allow people to own guns?”
If we looked at this graph, we would agree with this interpretation. Although the number of deaths by firearms has decreased during the last decade, the figure is still alarming. The conclusion? Americans are only individualist who try to solve their problems shooting each other.

Actually, the current situation is highly more complicate. I would like you to take a look at this graph. As you can see, the number of suicides in the Us represents the 60% of the total deaths by firearms.
This graph shows that Americans use their guns mostly to shoot themselves rather than kill each other.
I am not saying neither that America has not a high homicides rate, nor that Us has not a huge problem in controlling the black market of illegal guns.
I am just saying that American social-problems are bigger than we image.
The consumption of antidepressants has considerable increased during the last years. There is, in this way, a strict connection between the increasing of the number of suicides and the increasing of the consumption of these medicines.
Furthermore, I would say something about the so-called connection between the number of firearms per capita and the number of homicides.

This graph shows the first five countries by firearms per capita.
As you can see, the fourth, Switzerland, and the fifth, Finland, are well-known for being extremely pacific and cooperative.
Despite this, these countries have almost a gun every two citizens.
So it becomes clear that there is not a straight connection between a high firearms deaths rate and the number of guns in a country. The problem, in conclusion, is not the number of guns per capita but the education that people receive: in spite of a mere fight against guns-owner, Us government should understand that its citizen need formation programs.
This paper tries to encourage everybody to be a little more humble. Judging a society without understand its problem is not wise.

lunedì 31 marzo 2014

La suerte viene, la suerte se va (por la frontera)

  Parole tratte dal sito di "Internazionale":
"In che direzione si muovono i nuovi flussi migratori? Da quali paesi provengono i migranti e verso quali paesi si dirigono? Un’infografica di Fast Company mostra i flussi migratori del mondo contemporaneo.
I flussi riflettono gli eventi storici e la situazione economica e sociale delle diverse aree: i migranti spesso fuggono da guerre e povertà e sono in cerca di opportunità economiche e di miglioramento sociale.
La grafica realizzata da Fast Company tiene conto di quello che è successo negli ultimi vent’anni in 196 paesi. Esiste anche una versione navigabile del grafico."

domenica 16 marzo 2014

La sperimentazione animale


 
                                                               di Michele Introna

                                            

Negli ultimi anni le polemiche attorno al tema della sperimentazione animale non sono mancate, ma è soprattutto in questo periodo, complici diverse manifestazioni pro e contro, che si è riaperto il dibattito pubblico.

La prima puntualizzazione che coloro i quali si occupano di ricerca ci tengono spesso a fare è che parlare di vivisezione è scorretto. Lo è su un piano tecnico, perchè è un termine che fa riferimento a pratiche dissettorie su animale vivo del tutto fuori moda tra i moderni scienziati, lo è su un piano morale, perché viene usato negli ambienti anti-vivisezionisti per diffondere l’idea che chi compie ricerche sugli animali operi una vera e propria tortura verso altri esserci viventi. I ricercatori in realtà preferiscono parlare di “sperimentazione animale” o ricerca in vivo, termini più generici che includono tutte le pratiche di studio e sperimentazione che possono essere fatte su animali vivi.

A che tipo di esperimenti vengono sottoposti gli animali ?

In generale gli animali vengono impiegati in due tipi di esperimenti. L’animale può costituire il “corpo vivo” da cui partire per capire se un farmaco o una macchina innovativi hanno degli evidenti effetti tossici non previsti in fase di “invenzione”. Oppure si possono alterare (sia facendo ricorso alla ingegneria genetica, sia con altre tecniche) le condizioni di salute di base dell’animale per “mimare” delle condizioni di malattia che si riscontrano nell’uomo, per poterle capire meglio, e quindi curarle meglio.

Inoltre gli animali possono essere utilizzati per produrre “pezzi di ricambio” da impiantare nell’uomo qualora ce ne fosse la necessità, ad esempio nel caso della sostituzione di valvole cardiache umane con valvole prelevate dal suino.

Chi regola la sperimentazione animale?

La storia della sperimentazione sugli animali è fatta di progressive restrizioni al suo utilizzo in seguito alle scoperte che venivano effettuate riguardo alla loro capacità di provare angoscia e dolore, e alla crescente necessità della comunità scientifica internazionale di darsi delle regole etiche, soprattutto dalla seconda metà del novecento in poi. In Europa la normativa vigente è rappresentata dalla Direttiva 2010-63-EU, redatta con lo scopo di applicare criteri più stringenti e omogenei tra gli Stati membri, rispetto alla precedente del 1986.

L’Italia ha recepito questa normativa approvando il 31 luglio 2013 alla Camera dei criteri delega, di fatto distanziandosi dal principio di omogeneità tra Paesi UE che questa legge avrebbe dovuto rappresentare. Nell’emendamento infatti, approvato bipartisan, si trovano elementi di maggior rigidità rispetto alla Direttiva e che hanno scatenato la protesta tra i moltissimi ricercatori che lavorano nel settore, ad esempio il divieto assoluto di allevamento sul suolo italiano di cani e gatti da esperimento o l’obbligo di anestesia anche per piccole procedure come semplici iniezioni.

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