Romanzo di una strage
di Fabio Zoboli
Notizia di sabato 14 aprile 2012: nessun colpevole per la
strage in piazza Loggia, a Brescia; assolti i quattro imputati al processo
d’appello, confermata la sentenza di primo grado.
Ironia della sorte, in sala in queste settimane troviamo Romanzo di una strage, che tratta dei
fatti di piazza Fontana. Il parallelismo è immediato: anche in questo caso
nessun colpevole.
A volte il cinema non è solo finzione, a volte certi film
andrebbero visti nelle scuole, per far luce su vicende che spesso vengono solo
accennate e quindi dimenticate, se non completamente ignorate dai più. Ispirato
nel titolo da un articolo scritto da Pasolini sul Corriere della Sera (“Cos’é
questo Golpe? Il romanzo delle stragi”, 14 novembre 1974), Marco Tullio
Giordana (I cento passi, La meglio
gioventù) ricostruisce le vicende del 12 dicembre 1969, dove a Milano,
in piazza Fontana, un'esplosione devastò
la Banca Nazionale dell'Agricoltura,
ancora piena di clienti: morirono diciassette persone e altre ottantotto
rimasero gravemente ferite.
Il piglio documentaristico della pellicola ripropone
fedelmente le indagini che seguirono a questa strage, con la pista anarchica e solo
in un secondo momento quella neonazista, ma non si esime dal trattare anche
l’aspetto umano di due personaggi che rimarranno per sempre legati alla vicenda:
l’anarchico Pinelli (Pierfrancesco Favino) e il commissario Luigi Calabresi
(Valerio Mastrandrea).
Senza entrare nei dettagli del racconto, che non è altro che
una pagina di Storia, credo che il regista non voglia dare risposte a tutti i
costi su questioni che ancora oggi hanno aspetti oscuri, ma piuttosto offrire
allo spettatore importanti spunti di riflessione. E da qui il mio personale
invito a tutte le nuove generazioni (e non solo) a documentarsi e ad
approfondire la recente storia italiana: la pellicola può sicuramente essere un
valido aiuto perché divisa in sottocapitoli che mano a mano riconducono alla
pista finale, ma non basta certo per capire il clima di quegli anni. E allora
perché non farsela raccontare anche da genitori, zii, parenti o da chi l’ha
vissuta come attualità? Se non è un dovere civico, poco ci manca.
Buona visione a tutti.
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