di Miriam Bonalumi
"MILANO NON È LA VERITÀ" (Afterhours)
Che aria tira oggi, a Greco Pirelli!
È davvero difficile capire la velocità
del vento stando dietro questi vetri: in mezzo a tutto quel cemento
immobile, solo qualche ramo di albero si agita per le raffiche,
suggerendo che anche qui, nel regno di Babylon, la natura la fa da
padrona.
Un miscuglio di ambizioni e passioni, progetti e sogni,
questo giovane angolo di mondo. Dal supermercato si raggiunge presto la
stazione di Milano Gr.Pi., qualche rampa di scale e il vialetto
pedonale, un attraversamento sulle strisce e si giunge a pochi metri
dalla fatidica, invalicabile “linea gialla” del binario 1.
Durante il tragitto, l'ambita
conquista di sei ore di Università è già stata ampiamente
depredata: dei nostri quattro “Maxibon" rimangono solo i quattro timidi
pezzi di biscotto, ormai vedovi della succulenta copertura al
cioccolato ripiena di stracciatella.
Cinque minuti all'arrivo del nostro
treno. Già pronta al morso finale, ammiro quel che rimane della
piacevole merenda in compagnia, quando qualcosa di metropolitano e
fin troppo atteso si fa largo nella folla: una presenza usuale,
quella dei rom (ammesso che, in questo caso, di quest'etnia si parli) che salgono sul
treno e chiedono l'elemosina.
Mai mi è capitato di vedere qualcuno
elargire loro un'offerta, e sulla loro attività aleggia un gran
mistero (chi viaggia da pendolare, ben conosce il bigliettino bianco
o giallo, con la scritta di aiuto che non cambia mai).
La “nostra” zingara è una ragazza,
sui 16-20 anni, gonna lunga e treccia scomposta. Siamo alle solite.
Poi però, qualcosa di inatteso nel copione: ci chiede un pezzetto di
gelato. Proprio così, non un
'Buono-pasto-o-una-moneta-perfavore-dio-ti-benedica' ma un pezzettino
della nostra merenda. Senza pensarci troppo, stacchiamo qualche pezzo
di biscotto e glielo passiamo sorridendo, compiaciute come quando
alle elementari regalavi un cracker al compagno di banco. La ragazza
ringrazia con mille sorrisi e decisamente troppa riconoscenza,
rompendo la magia di quel momento senza ruoli predefiniti. Poi si
allontana, così come è arrivata, mangiando di gran gusto il suo
bottino. Ingurgito l'ultimo pezzo di biscotto e getto la carta,
pensando che, vista la fame, avrei dovuto dargli tutto il mio gelato.
Successivamente c'è il momento del rimorso: accidenti, se avessimo
davvero comprato la scatola da sei, avremmo potuto offrire la merenda
a quella poveretta! Poi penso che invece tutto è avvenuto da
copione, come doveva succedere: lei ci ha chiesto un pezzetto, noi le
abbiamo dato un pezzetto. Nulla di più. Un incrocio di vite
completamente diverse con una sola cosa in comune: avere voglia di
mangiare un gelato, un pomeriggio di Maggio, a Milano.
Un'occasione di uscire dai propri ruoli
socialmente stabiliti, tornare semplicemente esseri umani che
condividono lo stesso marciapiede di stazione. Piccolo intervallo di
vita nel caos della routine.
Stridore di freni, la voce chiama la
mia città.
Salgo sul treno, e abbandono la scena.
4 commenti:
Il mondo ci porta cioò che ne sappiamo leggere! Fantastica...
grazie sara! ps. il titolo dell'articolo viene da questa canzone, sopprattutto dal video dela canzone..:
http://www.youtube.com/watch?v=zVim3go8kso
ritaglio un pezzetto del tempo da dedicare oggi a "chiudere" i progetti prima della pausa estiva, per commentare: realmente un grande spaccato di realtà. Avrei mille esperienze analoghe, di vite che si incrociano ogni giorno nei mezzanini, sui viali, sui marciapiedi delle stazioni, esistenze che ci sfiorano e spesso (anzi forse quasi sempre) percepiamo con fastidio e timore; di cosa? dello "sporco", "sconosciuto", "straniero" e quindi potenzialmente "ladro", "pericoloso", "scroccone". A volte piccoli gesti bastano a trasformare ciò che era un pregiudizio in "una persona reale". Grazie Miriam, veramente bello!
Posta un commento