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giovedì 9 febbraio 2012

Brundibar, ovvero il mondo salvato dai ragazzini


  di Miriam Bonalumi 

Propongo ai lettori di "Spogliatevi!" uno dei testi recitati in occasione della serata "Musica e parole per non dimenticare". 
L'evento, svoltosi 28 Gennaio 2012 presso il Centro Polifunzionale di Ponte San Pietro (Bg) a ricordo delle vittime della Shoah, ha visto la compartecipazione attiva di numerosi enti locali.
Un breve assaggio di un lavoro lungo settimane, che ha dato vita a veri e propri articoli scritti dagli otto giornalisti "in erba" del corso di introduzione al Giornalismo (promosso dalla Biblioteca Comunale di P.S.P.).
La proposta, nata dall'ideatore del corso e della serata, il prof. Rampolla, era quella di "penetrare" nel ricordo di ogni nazione vittima del sopruso nazista. Il risultato, gli articoli di otto reporter che viaggiano con la mente nell'Europa di oggi, immaginando (dopo un'attenta ricerca di dati ed informazioni) come, il 27 Gennaio 2012, le diverse nazioni ricordino le loro vittime.
Un doveroso ringraziamento va al prof. Rampolla, alla prof.ssa Lombardo ed agli alunni della scuola media di Madone per il  prezioso accompagnamento musicale della serata. Grazie anche al Comune di Ponte San Pietro, alla Biblioteca e a tutti coloro che hanno contribuito all'evento. Presso la Biblioteca Comunale sono ancora disponibili copie degli elaborati degli allievi del corso. 



27 Gennaio 2012 – Tutta Praga stasera è concentrata nel cuore dello Josefov, il ghetto ebraico. Nessuna cerimonia spettacolare. Solo il silenzio degli spettatori gremiti in questa piccola sala per concerti. Va in scena il “Brundibar” di Hans Krasa, operetta scritta per attori-bambini, presentata dai ragazzini del campo di concentramento di Terezin, 60 Km da Praga, durante l’occupazione nazista.
È la storia di Anika e Pepiceck, due fratellini orfani di padre, che per comprare il latte alla mamma malata decidono di esibirsi cantando per strada. Eppure  nessuno bada a loro. Tutti infatti sono incantati da un musicista di nome Brundibar, malvagio adulatore che sottrae ai bimbi la possibilità di guadagnare qualcosa. Il lieto fine della fiaba musicale è d'obbligo.
Ma la storia, quella che parla dei bambini in carne ed ossa, non lascia spazio ai sogni: sui 15.000  bambini deportati tra il ‘41 e '45 a Terezin, campo di transito in attesa della “soluzione finale”, solo 93 tornarono a casa.
Tutto ebbe inizio nel 1941, quando la maggiorparte del giovane cast che avrebbe dovuto interpretare la prima del Brundibar venne deportato a Terezin, ed insieme a loro Krasa, l’autore, che riscrisse l’opera a memoria e decise di riallestire lo spettacolo nel campo. Fu possibile perché i nazisti avevano consentito ai numerosi artisti ebrei di Terezin di esercitarsi ed esibirsi per esaltarlo a “ghetto-modello” agli occhi di tutto il mondo, tanto da venire scelto per le riprese del fil dal titolo “Il Fuhrer dona una città agli ebrei”. Quando, nel’43,  la Croce Rossa Internazionale fece un soppralluogo a Terezin, gli operatori trovarono poche decine di internati, un ambiente sereno e pulito, una scuola elementare e addirittura l'allestimento di numerosi spettacoli teatrali, tra cui l'operetta di Krasa., messa in scena per ben cinquantacinque volte.
 Pochi giorni prima, le SS avevano perfidamente “depurato” il campo trasferendo i prigionieri morenti ad Auschwitz. 

Difficile trattenere l’emozione al canto trionfale che accompagna il finale del Brundibar, quando i due protagonisti Anika e  Pepiceck festeggiano l'allontanamento del malvagio suonatore, e possono finalmente riabbracciare la madre. In ogni nota, in ogni verso dell’opera sembrano rieccheggiare le voci bianche che diedero vita allo spettacolo originale, simboli di un’innocenza trascinata tra i gironi dell'inferno nazista.
“Gli alberi crescono, nuvole corrono, gli anni in fretta passano” recita un verso del Brundibar. Ma la memoria delle voci radiosedi quegli angeli, nate in mezzo alla più profonda e disarmante oscurità, non sembra affievolirsi. Con un potente inno alla vita, nel giorno in cui la memoria è di morte, i bambini di oggi pagano un tributo di rispetto a quelli di allora.   
Si accendono le luci in sala. Tra gli applausi scroscianti, i piccoli interpreti si inchinano orgogliosi, cercando i genitori tra il pubblico. Lo spettacolo è terminato.
È  tardi, ma l'antica sinagoga Pinkas è rimasta aperta. Al suo interno, il tragico muro di marmo con i 77.000 nomi dei cittadini di Praga sterminati durante la Shoah.Voglia di rimanere qui la notte intera e scorrere con le dita ogni singola lettera e mandarla a memoria e scoprire il volto di quelle persone. Scavare nel loro passato, sapere se erano sposate, se avevano figli e scoprire ogni particolare della loro storia prima della distruzione. Nulla traspare da questa pietra. Non parla. Gelida e attonita riporta incise solo lettere e sillabe sillabe, nomi di vite rubate.
 I bambini di Terezin e lo spettacolo, hanno ridato linfa e dignità alla loro memoria. La loro storia ha permesso di capire qualcosa che va oltre il ricordo del nome e della datadi morte: la forza con cui, prima del baratro,  essi hanno saputo esaltare la vita.      
                                       

                                                                                     Miriam Bonalumi 






1 commento:

Francesco Mancin ha detto...

Bellissimo, ti ringrazio e spero che i lettori si soffermino per gustarsi questa pausa di alto tenore letterario.

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