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sabato 28 aprile 2012

CRONACA DI UNA SPERANZA DERISA


di Sara L.

Di ritorno dal lavoro spesso mi capita di ripensare a quanto ho visto e ascoltato durante la giornata, in barba a tutti i consigli (peraltro sensatissimi) in merito al “non portarsi a casa il lavoro”. La storia che oggi mi risuona in testa è simile a molte altre, è la concretizzazione di quella fattispecie giuridica che nel nostro ordinamento è annoverata sotto il nome “minore straniero non accompagnato”. Ormai lo so: quando faccio il primo colloquio con un ragazzo in questa condizione vedo il suo volto mutare d’espressione mano a mano che recepisce quello che gli sto dicendo. Solitamente mi accoglie con un sorriso: io sono l’Italia che lo vuole aiutare e che adesso gli spiegherà come fare per trovare lavoro e casa. Speranze… speranze che ogni volta devo distruggere, con l’accortezza di farlo nel modo più delicato possibile.

Il momento clou del primo colloquio è la spiegazione di cosa comporta per loro essere:
  • Minore
  • Straniero
  • E non accompagnato, ovvero senza figure adulte di riferimento, in Italia.

Sostanzialmente, se quando arrivano in Italia hanno meno di 15 anni hanno una speranza: con un buon percorso comunitario, delicate pressioni sulla Questura, incrociando le dita sul fatto che la legge o gli umori della politica non cambino nel giro di quei pochi anni, possono sperare in un permesso di soggiorno anche dopo i 18 anni.
Se hanno più di 15 anni le speranze si fanno molto sottili: accolti in comunità fino ai 18 anni, il giorno dopo la maggiore età nella stragrande maggioranza dei casi il Paese che fino al giorno prima li ha tutelati li getta irrimediabilmente nella condizione di irregolari… pochi riescono ad ottenere un permesso di soggiorno dopo il dicottesimo anno, e solo se nel frattempo hanno richiesto asilo o si è fatto vivo un parente disposto a diventare loro tutore e a mantenerli… ovviamente a seguito di un lavoro di mediazione con la Questura molto difficile, tenendo conto che non è mai detta l'ultima parola, il vento potrebbe cambiare facilmente, così come l'umore del questore.

Anche il colloquio di ieri con Mohammed (lo chiamerò così), in cui abbiamo parlato francese, dato che in Italiano per ora sa solo salutare, ha attraversato queste fasi… e la sua storia, come si diceva, è tristemente simile a molte altre… Mohammed è arrivato in Italia a 17 anni e mezzo “mio papà in Senegal ha perso il lavoro, non riusciva più a mantenerci tutti. Io sono il più grande ed è toccato a me tentare di venire in Europa… voglio continuare gli studi, diventare ingegnere… mi puoi aiutare?”. Ed eccolo, il suo viso che cambia espressione mentre gli spiego che, per quanto detto sopra, è difficilissimo che lui ottenga un permesso di soggiorno dopo i 18 anni, dati anche i tempi molto stretti per la maggiore età incombente (2 luglio). E in questi colloqui, prima o poi, arriva la domanda più difficile… “ma perché non mi danno il permesso? Io voglio solo andare a scuola…”

“Vedi Mohammed, tanti italiani hanno paura degli stranieri. Tanti italiani negli ultimi anni hanno votato politici che hanno fatto leggi molto dure sugli stranieri. Bisogna cercare di trovare un modo per aiutarti, rispettando la legge: può accadere però che questo modo non si trovi.”

Ed è in quel momento, forse, che si accorgono davvero di quello che sta succedendo, della famiglia lasciata nel Paese d’origine tra mille speranze per trovarsi in una situazione senza uscite… Mohammed e gli altri abbassano gli occhi… e sperano, in qualche modo, di sopravvivere…

2 commenti:

Vicky Rubini ha detto...

Tanti italiani non vanno neanche a scuola, quasi: gli fa schifo, e spesso sono gli stessi che hanno paura degli stranieri. Coincidenze...

Francesco Mancin ha detto...

Testimonianza toccante la tua, Sara, molto simile a tante storie di adulti che incontro alla Scuola di Italiano della Ruah. Uomini e donne che, nonostante tutto, credono ancora nella vita e sono fiduciosi. Persone umili e molto miti. Dovremmo raccogliere queste storie, carissima Sara, e pubblicarle. Io sto già scrivendo....
Grazie
Giuditta

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